Page 324 - La cucina del riso
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Calabria
contadina-popolare, creando così un misto di gusto raffinato e di originalità.
E a proposito della delicatezza del riso, che lo portava sulle mense dei
nobili, non si dimentichi che, ancora oggi, e non solo nelle società occi-
dentali contemporanee, “esiste un’esplicita divisione sessuale del cibo, che
incorpora una quantità di presupposizioni sui cibi preferiti dagli uomini e
quelli preferiti dalle donne”. Squisitezze, cibi leggeri e bianchi sono colle-
gati alla femminilità, dal momento che il biancore indica, appunto, legge-
rezza, mitezza e innocenza rasserenante; mentre i cibi “pesanti”, difficili
da digerire e da masticare vigorosamente, sono considerati maschili per
eccellenza. Vanno inquadrati in quest’ottica gli unici due proverbi sul riso,
presenti nella cultura popolare calabrese: “Risu n’ura ti tenatisu”, e il secon-
do: “Risune, maccarruni/doppu n’ura si dijunu”. Entrambi manifestano sfi-
ducia circa il valore energetico e nutritivo del riso, in grado di sostenere per
non più di un’ora chi lo consuma. Deriva probabilmente da ciò l’esigenza
di associarlo ad altre sostanze alimentari, carne e uova in primis; oltre a
formaggi e salumi.
Alla scarsa presenza del riso, in diversi settori della cultura subalterna,
fa da contraltare, paradossalmente, un ricco ricettario: frittate e polpette;
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