Page 281 - La cucina del riso
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Molise




                    Nel Molise, l’area nella quale la coltivazione del riso è storicamen-
               te documentata è quella adriatica del basso Trigno, in agro di Mafalda e
               Montenero e nei comuni abruzzesi dirimpettai, soprattutto San Salvo. Nel-
               le monografie municipali di Mafalda, la coltivazione del riso, nella parte
               paludosa del Trigno, a un paio di chilometri dall’abitato, è fatta risalire alla
               metà del XV secolo, ma già da allora messa in collegamento con la diffusio-
               ne della malaria. Proprio la malaria avrebbe determinato una diminuzione
               della popolazione, compensata dall’arrivo di una colonia di Schiavoni, che
               avrebbero progressivamente bonificato il territorio convertendo una parte
               delle risaie in coltivazione di altri cereali. Certo è che la presenza di risaie
               in quell’agro è ancora testimoniata, nell’ultimo ventennio del Settecento,
               da un osservatore attendibile come Giuseppe Maria Galanti nel suo Viag-
               gio in Molise: “Ripalda e Montenero hanno coltivazioni di riso alla riva
               del Trigno”. Essa, poco più oltre, trova conferma nel 1811 nell’Inchiesta
               Murattiana, che ritorna più volte su tale coltivazione, allargata anche al
               comune di Montemitro, segnalandone tuttavia le negative conseguenze, sul-
               la salute delle popolazioni locali, derivanti dalla stagnazione delle acque.
               Nell’Inchiesta, comunque, compare anche qualche notazione alimentare e
               gastronomica, dal momento che si accenna al fatto che il riso viene consu-
               mato lesso e con il latte, ma quasi certamente in misura limitata poiché - si
               aggiunge - la maggior parte delle 6.700 cantaja “si estrae per Capitanata,
               Principato e Terra di Lavoro”.
                    Per oltre un secolo il riso, in quella ristretta zona, secondo diverse fonti
               documentali, continua ad essere coltivato, sia pure per un’estensione terri-
               toriale che il Dizionario corografico d’Italia di Amati, alla metà del XIX
               secolo, indica appena superiore ai 200 ettari, di cui “109 irrigati da acque
               avventizie e 100 da acque perenni”. Di questa estensione, nel secondo lustro
               del Novecento, sopravvivono “pochi ettari”, secondo una notazione apposta
               da Cesare Jarach alla sua relazione per gli Abruzzi e Molise dell’inchiesta
               sulla condizione dei contadini nel Mezzogiorno. Le qualità prevalenti col-
               tivate, di cui si ha notizia, sono quelle del “riso secco cinese” e del “riso
               paglioso”. Ma gli interventi di prevenzione sanitaria, operati sia dai sovrani
               borbonici sia dal primo re d’Italia, consentono di allargare la visuale sulla
               coltivazione del riso ad un’area adriatica più vasta.



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