Page 262 - La cucina del riso
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Abruzzo
aree di scarso valore commerciale ad andamento pianeggiante, morfologi-
camente collocate anche in depressioni, ed essenzialmente posizionate nei
pressi di superfici soggette a ricorrenti esondazioni. Una risposta che non
ha retto, né poteva anche sotto il profilo strutturale, alle nuove esigenze di
un’economia e di una società in evoluzione sempre più rapida, come quella
che, come vedremo, verrà a delinearsi alla fine dell’Ottocento.
Rimasta per secoli emarginata, e comunque oggetto di scarso interesse
nel panorama economico dei tempi, questa attività economica sale all’at-
tenzione dei “censori” del Regno, come traspare dalla testimonianza carta-
cea, grazie ad un conflitto di interessi che si era innescato tra due diverse
componenti la comunità del tempo. Da una parte vi erano i possidenti o
conduttori di queste aree che avevano ereditato consuetudini ormai radi-
cate, ossia l’impianto delle risaie, pratica colturale che, sebbene risultasse
limitatamente remunerativa, era, comunque, incoraggiata. L’altro attore del
contenzioso era la restante parte di popolazione, maggioritaria, che nulla
aveva in comune con le circostanze prima enunciate se non quello di essere
topograficamente vicina agli impianti colturali, e che viveva, nel quotidia-
no, tutto il dramma di una vita difficile, contrassegnata dalla necessità di
reperire gli alimenti per la pura sopravvivenza. Sopravvivenza che risultava
essere già difficoltosa per una generalizzata alta mortalità, dovuta anche alle
diffuse malattie veicolate dall’inesistenza di una qualsivoglia pratica igie-
nica. L’impianto di una risaia, dunque, funge da coagulo per timori e super-
stizioni, divenendo capro espiatorio per ogni patologia ricorrente. Infatti la
conflittualità, sempre latente, emerge con prepotenza e si esalta in queste
particolari occasioni ed è scandita dalle ordinanze in materia, emanate dalla
locale Intendenza e dai Sindaci dei Comuni interessati, che in qualche caso
giunsero persino ad ordinare l’arresto dei contadini trasgressori.
Da tutto questo si evince chiaramente che, soprattutto in chiave regio-
nale, la coltivazione del riso era reputata, sotto il profilo igienico, estrema-
mente dannosa per le popolazioni locali, al punto che l’impianto delle risaie
era relegato agli estremi confini del territorio comunale anche se, come
spesso accadeva, i siti indicati erano limitrofi al centro abitato viciniore, con
le conseguenti controversie e il continuo ricorso all’autorità dell’Intendenza
poiché la struttura della risaia, con la presenza di acque stagnanti e non
Itinerari di Cultura Gastronomica 261