Page 256 - La cucina del riso
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Lazio
Aiutanti di Camera” relativi ai giorni 28 e 29 giugno 1772, per merci fornite
da “Gaetano Lombardi fruttarolo”: 8 libbre di riso per “cocina”, comprato a
4 scudi; 4 libbre di riso di Salerno.
Molte Arciconfraternite svolgevano compiti di carità e assistenza di
poveri, malati e bisognosi per conto della Chiesa ed erano alcuni ospedali
che gestivano le relative mense. Tra queste Arciconfraternite va ricordata
quella della “Madonna Santissima dell’orto”, nelle cui “Regole generali
della Chiesa, casa e ospedale, da osservarsi da suoi ministri e Famiglie”,
pubblicate a Roma, il 23 aprile 1795, figura il riso tra gli alimenti da distri-
buire al personale e ai malati. Anche Achille Ambrogio Damiano Ratti, elet-
to al Soglio Pontificio il 6 febbraio 1922 con il nome di Pio XI, uomo dalle
abitudini a tavola molto frugali, che amava gustare cose semplici e salutari,
non disdegnava di farsi preparare dalla sua governante milanese un buon
risotto con l’ossobuco.
Fra i sonetti di Gioacchino Belli, ce n’è uno, L’affari di Stato, dove
l’autore, con tono ironico e pungente, schernisce le principali cariche isti-
tuzionali dello Stato, e afferma che il Papa passa le sue giornate aspettan-
do l’ora “che sia cotto il riso”: “Che fa er Governatore? Arrota stilli/e li
dispensa a sbirri e bbersajjeri. E er Vicario? Arimuscina misteri/Per inventà
ppeccati e ppoi punilli./Tratanto er Papa cosa fa? Ssiacciso!/Guarda er zùo
rologgio d’Insacche sorette,/e aspetta l’ora che sia cotto er riso”.
Che il riso non si coltivasse a Roma è cosa nota, ma risulta interes-
sante averne la certezza ufficiale da un documento conservato presso gli
atti dell’Archivio Storico capitolino dove, alle “Notizie statistiche del rac-
colto della canapa, del granoturco, delle leguminose da frutto, del riso”, in
una lettera del 19 ottobre 1875 inviata dai vari Comizi Agrari al Ministero
dell’Agricoltura, si afferma che: “Quanto al riso poi, non coltivandosi punto
nel nostro territorio, non si possono dare notizie in proposito”. Esiste un’al-
tra nota del 5 febbraio 1898 dove si sostiene che un certo Luigi Mazzotti,
“pensionato del Dazio”, scrivesse al Sindaco di Roma, Emanuele Ruspo-
li, per lamentarsi che la notte non può riposare perché nello stabilimento
Fugazza, sito in via degli Ausoni, producevano un rumore tanto forte che
non gli consentiva di dormire, e che tale rumore proveniva dal tubo di scap-
pamento del macchinario destinato alla brillatura del riso.
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