Page 203 - La cucina del riso
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Toscana
Coltivare in MareMMa: un perCorso diffiCile
Natura non facit saltus e questo detto latino dobbiamo adattarlo alla
scarsa presenza del riso in Toscana. Terreno dalle poche presenze di “marci-
te”, un tempo indispensabili per una produzione significativa: se si esclude
l’Alta Toscana, nel Viareggino, e la zona del Grossetano, il terreno toscano
non era adatto alla coltivazione del riso.
È noto che in Italia, per lungo tempo, il riso rimase solo prerogativa
dei mercanti che lo importavano dal Medio Oriente, senza che nessuno mai
riuscisse a coltivarlo in modo significativo. Ne costituiscono prova le affer-
mazioni contenute in alcuni manoscritti di epoca medievale, i quali rivelano
metodi di produzione del riso consistenti in coltivazioni di minime quantità,
nei conventi o negli orti familiari, mai su vasta scala in risaia.
Qualche traccia della storica presenza del riso in Toscana si ha in un
testo del 1789, a firma del botanico Giovanni Targioni-Tozzetti, che, nel suo
Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, cita un testo
del 1468 nel quale, sotto la Signoria dei Medici, un tale Leonardo Colto dei
Colti fece domanda ai “Signori Priori della libertà e Gonfalonieri della giu-
stizia del popolo fiorentino” perché gli si desse garanzia dell’uso dell’acqua
per la coltivazione del riso nella piana del Serchio, presso Pisa: “veduto che
lì seminandovi del riso ve lo farebbe in grande quantità”. Il tempo e il modo
con cui fu presentata la domanda lascia intendere che da tempo fosse noto il
riso e il costume coltivarlo nella zona o in aree prossime.
È indubbio, però che, conquistata la Lombardia per mezzo degli Sforza,
il riso si diffuse in tutto il Nord Italia, anche se il processo fu molto più lento
di quanto si possa immaginare a causa della mancanza di canalizzazioni
adeguate. Comunque, la coltura del riso acquisì sempre maggiore impor-
tanza e continuò a svilupparsi, nonostante numerose leggi ponessero seri
limiti alla sua espansione. A nulla valse l’aumento delle gabelle, delle tasse
e l’inasprimento delle multe che vennero applicate per lungo tempo, anche
dopo che fu appurato che “le risaie possono portare poco danno all’aere ed
alla sanità degli uomini...”.
Di pari natura fu l’imperativo col quale, l’11 maggio 1612, il Sena-
to della Repubblica di Lucca proibì l’esercizio della risicoltura, in atto da
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