Page 184 - La cucina del riso
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Emilia Romagna




                 IL FLAGELLO DELLA MALARIA


                     L’Emilia, nonostante i tempi grami e una fame atavica che per secoli
                 l’hanno caratterizzata, è terra in cui la gastronomia, da sempre, è stata inte-
                 sa e interpretata in modo particolare e tipico, frutto delle vicende del suo
                 passato e della sua storia. Ancora oggi, avendo saputo conciliare vecchie e
                 nuove esigenze, esiste il rispetto e il culto delle tradizioni, e i suoi prodotti
                 e le sue eccellenze non hanno perso la loro identità.
                     Il sistema agrario delle campagne della Val Padana si è sempre basato,
                 in prevalenza, sulla coltivazione del grano, prodotto per il mantenimento
                 alimentare di tutta la popolazione cittadina e contadina. Nei frequenti perio-
                 di di carestia, si sopperiva con l’utilizzo di cereali minori, come il miglio;
                 fortunatamente, alla fine del Seicento, venne introdotta la coltivazione del
                 mais, e fu così che la polenta portò un grande sollievo sulle tavole popolari.
                 Solo verso la metà del Settecento, viene introdotto l’uso del riso, perché la
                 sua coltivazione, in precedenza, era stata vista sempre con una certa diffi-
                 denza, essendo stata associata alla malaria e al brusone, una malattia fungi-
                 na e, nelle credenze non solo popolari, il propagarsi della malaria era legato
                 ai terreni vallivi e paludosi, ma anche alla presenza delle risaie.
                     La  diffusione  dell’uso  del  riso  comportò  localmente  lo  sviluppo  di
                 ricette e specifici metodi di cottura; in particolare, tra questi, caratteristico
                 è il “risotto”, inteso come un nuovo modo di preparare il riso, chiamato
                 appunto “cottura a risotto”: il riso va portato a ¾ di cottura, lasciandolo
                 appena brodoso, si unisce un poco di latte o formaggio molle (la caseina
                 protegge l’amido in superficie), si mescola e si spegne il fuoco. Il risotto
                 all’italiana è frutto di una lenta cottura, praticamente una stufatura del
                 riso in un recipiente a base larga e senza il coperchio: è la stessa massa del
                 riso, mosso di continuo con un cucchiaio di legno, a mantenere la tempe-
                 ratura costante; la sua tipologia è il frutto dei prodotti e dei sapori aggiunti
                 e bilanciati lentamente durante la cottura: è l’affermazione di una cucina
                 pensata e gustata, fatta all’impronta, al momento. Altro è il riso mantecato,
                 dove viene amalgamato, avendo sempre l’avvertenza di fare l’operazione
                 fuori dal fuoco, con il burro e il formaggio (nel caso del risotto alla par-
                 migiana si deve usare sempre ed esclusivamente il parmigiano reggiano).



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