Page 142 - La cucina del riso
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Trentino-Alto Adige




                 suoi domestici piselli, il piatto più frequente e radicato, oltre che forse il più
                 raffinato nell’equilibrio inimitabile dei semplici sapori. Anche questo riso
                 era “condito”, come la maggior parte dei risi che si gustavano in Trentino,
                 a parte il “riso alla trevigiana”, con la salsiccia, che assomigliava piuttosto
                 a un “riso alla pilota”, il “pilaf” mantovano, ma anche qui con non irri-
                 levanti differenze di cottura. Era invece per le occasioni più importanti,
                 spesso per gli inviti a cena, il già ricordato “riso alla finanziera” con i
                 fegatini di pollo, un piatto ora quasi introvabile. Da ultimo qualche preci-
                 sazione circa il riso col latte, indimenticabile e un tempo frequentissimo,
                 che ha costituito la croce e la delizia di generazioni di bambini. Lo si
                 mangiava nelle case di campagna, dove il latte non mancava, a cena, come
                 variante “nobile” della polenta con il latte.
                     Il riso completava, dunque, la preparazione delle minestre, mentre le
                 crocchette (ben lontane, ma non meno buone degli “arancini” meridionali)
                 erano un altro dei modi infiniti e gustosi per riciclare gli avanzi, i “reduci”,
                 come qualcuno li chiamava. Le crocchette avrebbero potuto essere anche
                 una degna e ben possibile fine del riso e latte rifiutato, ma sembra che i
                 ricettari non contemplassero questa variante gastronomica!
                     I risotti sarebbero venuti solo più avanti, anche se, fino alla metà del
                 secolo scorso, era il riso a mettere in contatto le valli di montagna non solo
                 con l’ubertosa pianura veneta, ma anche con il suo mare. Le famiglie tren-
                 tine che, negli anni Cinquanta del secolo scorso, soggiornavano pioneristi-
                 camente sulla riviera adriatica e, attraverso i pescatori o setacciandole nelle
                 secche di sabbia allora intatte, venivano a conoscenza di vongole e telline,
                 ne sperimentavano i sapori attraverso il riso.
                     È interessante, peraltro, osservare come nelle più umili case contadine
                 un sacchetto di riso non mancasse mai. Serviva per preparare il “riso in
                 bianco” (solo più tardi nobilitato in riso all’inglese) quando l’indisposi-
                 zione di qualche membro della famiglia lo richiedesse, quale cibo leggero
                 e asciutto. In questa dimensione il riso recuperava, o meglio conservava,
                 quella sua antichissima e originaria funzione terapeutica mai scomparsa e
                 che era stata della scienza medica greca e poi romana. Ma allora il “riso in
                 bianco”, prima che venissero i meravigliosi oli mediterranei a renderlo un
                 piatto unico, più che una ricetta pareva una prescrizione.



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