Page 14 - Raccolta amplissima di canti popolari
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I. DELL INDOLE POÉTICA DEI SICILIANI             11
    Trapani, a Messina, e sentirsi intuonare lo  un poeta, addimostra per questo solo fatto
    intercalare dovunque:               memorabile e senza allra prova, come sin
                                        dall'epoi'he piii vetusle arda di poesia.
         Ahi, d' ogni cosa sictila,      Se mi fosse concesso mostrerei con isto-
           Si persi anchi lu nomii !    riche testimonialize, come s' è sviluppata o
                                        aminorlita la manifestazione della sua po
    E non appena qnesti bardi analfabeti, ban-  tenza poética, secundo le condiziuni civili,
    di tori dell' intimo consentimenlo insulare,  che han governato la patria; perche il po
    hanno versifiVato 1'ironia, la beffa, il la  pólo è come la Ierra in mano di chi la cul
    mento, gl¡ sUinpatori l'imprimono, e i mo-  tiva, o i melalll sollo il martello dell' arte-
    nelli ii propagano vendemioli un grano, e  fice; se quella abbandoni , diverrà irta di
    сом a voló fanno il piro del regno.  spine e di rovi; se questi non saprai ani
     Né altrimenti poteva inanifestarsi la im-  mare, invece di una staiua di eloquenti mo-
    mensa anima di questo popólo , che oggi  venze, e palpitante di vita, usrirà ilai tuoi
    palpita in circa tre milioiu ili petti, di co  ferri un mostró d' oro o di argento.
    me si manifestava allora qiiando negli an-  Ponendo da parte le ricordanze de' tem
    tichi tempi in sette о otto inilioni di petti  pi antichi, e venendo a'flondi anni della
    fervea; perch' è e sari sempre una опте ¡I  nostra monarchia. quando Federico Cesare,
    sole, límpida come il suo cielo, iinniutabile  e it ben nato suo figliuolo Manfredi , mi
    ••«те Г Etna, freniente come il suo тяге—  valgo delle parole dell' Alighieri , seguen-
    Di'fatto in Siracusa Г esercito ili Nicia e  do le cose птапн, с le bestial i sdegnando,
    Demostene, gli ateniesi priprionieri, ad onta  regnarono Sicilia, coloro ch'eran (li alto
    delle nmane ragioni del vecchio Nicolao,  cuuie e di grazia dotati, si sforzavan di ade-
    one Ii volea assolti ed amici, vennero chiusi  rirsi alla maeslà di si grandi principi (4).
    nelle latomie (1); di essi molti trovarono  Qui sorgeva la prima Accademia ili volgare
    «ampo recitando i versi di Euripide: « con-  favella (ö), e Federico, il quale Г avea crea-
    nasiaehè, dice Plutarco (2), i siciliani so-  ta, facea suonare de'suoi canti le aule rea-
    pri tutti i greci, affezionaiissimi erano alie  li, circondato da Erizo. Manfredi, Corrado
    M« poésie, e ogni volta che a»er ne polea-  snoi ligli, e da' padri della lingua nuova, la
    no aleuni piccoli saggi da quei che là per-  quale, qui aveasi origine, forma, numeri e
    T'nivano, se gl'imparavano a mente, e con  rima. Ne Pier delle Vigne, Guido giudice,
    fran piacere se le comnnicavan l'un Г ni  lacopo uolaro ec, ne gli stessi principi usa-
    tro. Dicesi perianto che allora molli di co  rono favella difforme dalla comune, com'è
    loro, che a caso tornati erano, andaniño a  manifesto da chi appieno conosce il sicilia
    trovar Euripide, e affetluosamente abbrac-  no idioma e le di loro poésie, e corne puö
    ciandofo. gli diceano , aliri di essere stati  dimostrarsi agevolmenle cou un apposilo
    fatti liberi. di schiavi rh' erano , per aver  comentario; nía questa favella essi nobilita-
    insegnato a' loro padroni qnanto per sorte  rono, ingentilirono, fecero áulica e corti-
    si rieordavano eglino de' snoi poemi ; altri  giana; o a dir meglio comune a tulti gli
    di essersi procacc.iato onde viven-, qunndo  iiomini culti della nazionc del si. Per cui
   dopo la btttaglia qua e là vagando n' anda-  l'istesso Alighieri, cribrato avendo i 14 vol-
    rono, col cantare i suo versi (¡!). Or que-  gari ilaliani (6), il piu onnrevole fia quelli
   slo popólo, rhe devo chismar único, capa-  ¡I siciliano proclama, percib che pare che
    '« di tanta generosilà solo in rivercnza di  il vulgare siciliano abbin assunto la fama
     (i) Diodoro, libro XIII, cap. V.   G. G. Triíñno t. ¡>, p. S, l>clla Poética с Dante
     (*) \ella vita di Nicii, versione del Pompei.  opera cilnta. Ma L. Salviati dopo di aver assatito
     (3) E Platarcn açgiuoge a provnre Г птогп del  T. Tasso, eome Tcrfite Acliilb, voile ancora l<>(tar
    взНЬал! per la роема: к La qnal cosa rrear non  cou Drtnle; e non pià il, mn i3 ventenzo i vol-
    debbe stuporp, poichè narras! che ricovrandosi nci  ç iri italinni; e ili (pielli dell' Aligliieri ne ammisc
    porti -Ji Sicilia un logno Caunio, menir' era da al-  5, i' veneriano, il Turlann, Г istriaoo, il genovese
    tri 1сгт di eoriali in4eguilo, non volean da prima  e il toscar.o; ne csclo*e 9, cioè il siciliano, il | u-
    qn'pr i«*)lani rieevere, van il rcspingeaiio; e men-  plieso, il romano, lo "pi.letano, il sardo, il calnbrc-
    ao poseía interrogMi quelli eh' eran snl legno, se  sc. I1 ancouitano, il rom'^nuolo с il lombardo, с 110
    •apev&rj verii di Euripide, e avendo cssí risposto di  vceUe nllri ^ ; cioè il bcrgnniiKco, il pndovano, il
    ri, ellora quegli gli accolsero, с permiscro di ap-  mnntovano, il milnnesi', il napolitano, il bolo^ncsc,
    prodarv i. Iri.                     il pei-ii^ini-, с qnello di mércalo vecebio. Cosl e^li
     I£) Del'a Volgare cloquenia cap. XII. Vereiono  cancellô ogni ricordo dp* «iciliani con Г ¡Мелка nta-
    del Trieino.                        nf«, che nllerrô la «loria del Tasso, e niostriV qnnnlo
     (5)  uria, Caelann, Muturno, Spatafnra ce.  egli ne snpcsse in falto di lingua più di quel mito«
     (6) Siciliano, pilgüese, romano, s|tolotano, tosca-  riño spatriato di Dante Ali^liieri. Ob, il ¿;rau niara
    r'', genoïese, sardo, calabreio, anconitano, romn-  di dottriaa, ebe sonó i pedanti !
    gzmolov lombardo , veneziAno , furl&no e istriono.
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