Page 129 - Raccolta amplissima di canti popolari
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126 PREFAZIONE
vono le loro rnliqiiie, e del lorn dialetlo mi loquium il volgare romano, senza confron
occupe nella Prefuzione, e quindi ne pub- to più dolce ed armónico del lombardo, per-
blico i Canti. E qnesli son fatti, non opi ch'io non potevu ritrarlo quale si è? Se gli
nion!, nè stortamenle avánzate, bensi ripe- fu neressilà sgombrare il calle del Volqa-
tute da tuiti gli slorici siciliani; per lo che re Kloquio dalle irte spine, fra cui aiuiuve-
va in fumo la conlradizione alii ibuilami. rava la favella lombarda, e aggiungere cru-
E siccome I'Amari nella prima parte del 3. déliter (îccenluando éructant; se m questa
volunie della storia doi Sliisulniani dilató forma haiino giudirato i nostri più grandi,
tanto l'influenza lombard» in Sicilia da non non esclusi i lombardi stessi e i pieinonl*-
polergli fur eco nessuno fra noi, corne quel- si. Ira cm ricordo il Napione, il quale do-
i'illustre Couimendatore si mérita, diio mie leasi della non felice pronuncia lombarda,
ragioni all'antica Arrademia di Storia Pa a che quel sardónico sm riso'l Tra il tosca-
tria in Palermo, e chiarirö la sinonimia di no e quel linguaggio io vedo la différera
Loiigobardia e Lombardiagiusia Tuso eil va che esiste Ira il clima il llalla e della Scan
lore della dupliee denoininnzione , che da dinavia, tra l'Elba e Г Arno, ira i ghiacci
qui stralcio, perché vi slarebbe proprio a del Báltico e i ûori della Sicilia.
pigione.
§ III.
§ H.
L ho scrilto male?
E inintelligibile la farella lombarda
in Sicilia ? II D.r Mantegazza in quest' islesso fasci
nólo del Politécnico pag. GOO, scrive cosi:
Eccomi al secondo percato. Dissi nel 1857 « Più volle invitai un mió amico payasni
e гi i>eto ininlelliuibile più della favella di (( avoleriiii ripetere una stpssa parola e uni
Satanasso il lingungg'o di Piazza, e vi ag- « stessa frase, perché io la potessi scrive-
giungo quello di Saufratelln; e credo super « re, e sein pre mi trovai impotente all'ar-
fino dichiarare non esserlo in se slessó.'ben- « «I ua impresa. Il mio povero orecchio do-
si per gli altri. E ció per due motivi. II if veva atlraversare un' irla siepe (ecco le
primo perché non è chi I" comprenda fia ■i spine di Dante ) di aspirate e di rnggili
noi, e se ne puó fare sperimenln senza la- « (rrudeliler accentiiando éructant,) di
sciar l'Arno e le Caséine. Eil eccn il come. (l gk. gt, ki gd, hghk; e la mia penna non
Richiegga il critico il mió libro al sun illu i trovava modo di metier in caria quei
stre Signare, aduni alquanti della bella sebie- « suoui barbareschi ».
ra , che vivono in Firenze, corne l'miliani Non inlendo far confronto Ira il lin
Giudici, Ugdulena, Galati, Ondes, Beilolami, guaggio lombardo e quel dei payagnas, nia
Crispi, Maiorana, Parlatore, Napoli, Donna- bensi tra la diffieoltà. di scrivore quello о
fugala etc. legga ad alla voce quei Canti. e questo. Come ho detto e ripelo non com
vedrà che nessuno ne comprenderá sillaba. prendo sillaba del siculo-lombanlo, né del—
Vuole un giudice? Lo ha nel Senatore Ca- l'italico-lombardo; tanto che un giorno a
merata , il quale essemlo bilingue, e già Torino mi fu impossible fnrnii capire
Simiaco di Aidone, puù senlenziare inappel- dal cauieriere ilell'Ab. Amedeo Peyron, che
labilmente. Cosi si convincerà che io a ra- credo di purissimo sangue lombardo, e ul
gione lo dichiarai inintelligibile. timo giiinio dall'Elba e dal Danubio nelle
Il secondo.perché é sataniro tuttn riö che pianiire del P6. Per allro non sono ito mai
non si comprende, come il Pape Salun di a SiiifiaHlo, e quindi mi rivolsi, come ho
Dante. Che dire poi oi un linguaggio aspro dello, al Sití Ruggieri, il quale cortesemenle
di r.onsonnuli, aspirazioni e tronchi, misto racco se quei canti, protestándose che non
alio strascico dci suoi dillonghi e tritlon- aveiiilo quel gergo alfabeto proprio, ed es
ghi? Mi maraviglio come un italiano puro semlo vaiïalissimo il suono délie parole, co
sangue, possa ritenerlo iirmonico, e quasi si che sau diversamente pronunzialosi vale
da polerlo niusicare Bellini. Non direbbe saie, solo, sole, egli medesimo non si ren-
cosi né un romano, né un toscano. Perdo- dea res[ionsabile я bene rentiere nelle no-
nino i lombardi, ch'io pregio e venero, ma stre forme eufoniche gghier, slrecc, mucc,
nessuno di essi cbianicrà il loro il più dol- liggh, ami, van, abuiw, cuosl, ddcher, sau
ce e melódico degli italiani dialetti ; mollo ra, udart, sdat, cch, etc; etc. etc. e cen
meno mi avrebhe dardeggiato di un sorri- to nitre articolazioni chioccie, ma non diré
so, e di quelIi che corrugavano le labbra del mai più demoniarhe. Il Sig. Ruggieri era
Berni. proprio nel case lei Dr. Mantegazza.
Se l'Alighieri appellô turpissimum tristi- EU io incalzando sempre perché mi aves