Page 65 - Primi poemetti
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Ecco, il nostro fruttato io l’accompagno

                         anche in morte, morendo a poco a poco,
                         e di me l’uomo ha l’ultimo guadagno.




                         Mi sfarò piano, non sprizzerò fuoco
                         non farò vampa; adagio, come deve

                         un buon castagno vecchio che sa il giuoco.




                         Poi nel dì che si canta che si beve
                         che si picchia su l’aia del metato,

                         non sarò più. Sarò cenere, lieve



                         cenere, buona per il tuo bucato.




                                                           IX




                         E il ceneraccio, al prato!... Odimi. Il fusto
                         è marcio, e non può darsi che ributti.

                         Gli dia l’accétta e l’accettino. È giusto.



                         Ma vedrai, nella ceppa, che tra tutti

                         lo zio ralleverà qualche novello

                         che viva e cresca, che riscoppi e frutti.



                         Fa che salvi codesto, così snello,

                         che se tu venga quando avrai marito,

                         tu dica: È come il padre; anzi più bello!



                         Codesto, sì, costì, presso il tuo dito,

                         dove ho picchiato il cardo... Oh! tuo zio!... Digli:

                         Questo novello come cresce ardito!



                         che speriamo, io e tu, che mi somigli!

                         che dia su me, non dia su lui, l’accétta!
                         Ti farà le mondine pe’ tuoi figli.



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