Page 67 - Primi poemetti
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II




                         «L’orbaco...» ripeté Dore, voltando
                         all’uscio aperto il suo nasetto rosso:

                         «devo aiutarlo: l’ho promesso, a Nando».



                         «A che fare? io lo so, mamma, e lo posso

                         dir io» fece Rosina: «hanno gli archetti

                         per pigliar qualche cincia e pettirosso!



                         Povere cincie! poveri uccelletti!

                         non hanno ove posare le zampine
                         nude! coperti i campi, alberi, tetti!




                         Non hanno che beccar, queste mattine:
                         né un pippolo né un becio: ecco, e costoro

                         tendono... Oh! babbo è troppo buono, infine!»




                         Parlava, ed attendeva al suo lavoro,
                         stacciando su la conca alta la lieve

                         cenere. E Dore le porgea l’alloro




                         di su l’uscio, tra un gran bianco di neve.



                                                           III




                         «L’orbaco...». «Dà». Lei prese il ramoscello,

                         e lui sparì. Ma non pensava a loro
                         più Rosa bionda. Era il suo giorno, quello.




                         Poco era il giorno e molto era il lavoro:
                         la falce è grande, ma più grande il prato.

                         E su la conca ella sfogliò l’alloro,



                         perché sapesse odore il suo bucato.



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