Page 35 - Poemii italici
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recando odor di mare e primavera.
E con sommessi sibili tra i crini
irti soffiava, e giù garrian gli uccelli,
nell’ombra nera, gl’inni mattutini.
Già si vedean fioriti gli arboscelli
appiè dei pini, e l’acqua bruna bruna
moveva là, di limpidi ruscelli.
E il vincitore della sua fortuna
disse: “Non mossi il piè di qui. Del pianto
o della gioia, questa selva è una”.
Sorgeva il sole; e più che dolce, intanto,
tra il sibilare de’ chiomati rami,
fra l’infinito rompere del canto
degli uccelletti e il rombo degli sciami
e il singulto dell’acque andanti e l’almo
odor delle viole e de’ ciclami,
accompagnato dal respiro calmo
del mare eterno, su per la pineta
veniva il suono d’un eterno salmo.
Venìa Matelda lieta oprando, lieta
cantando, con sue pause per un fiore,
sempre movendo verso il suo poeta.
Ora la selva antica dell’errore
e dell’esilio e d’ogni trista cosa,
splendea di gioia e sorridea d’amore.
Dall’oriente acceso in color rosa,
cinta d’ulivo sopra il bianco velo,
perennemente a lui scendea la sposa,
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