Page 36 - Poemii italici
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per trarlo in alto, al Libano del cielo.






                                                           VIII




                                     E si trovò tra massi di granito,
                                      il pellegrino, irsuti di lentisco
                                    e di ginepro, e v’odorava il timo

                                e l’acre menta e il glauco rosmarino

                                   dai fior cilestri. E vi s’udìa lo zirlo
                            dei tordi e il trillo delle quaglie e il fischio
                             dei merli. E sparso era un armento bigio

                            d’onagri. E stava, sopra un masso a picco,

                            bianca una vacca avanti il mar tranquillo.


                                    Ed era quella un’isola selvaggia,

                              con grande odor di regamo e di salvia.

                                  Pascea sui picchi la solinga capra,
                               pascean le vacche chiuse nella tanga.
                                Né rissa mai v’ardeva, se non l’aspra

                                  voce talora alta mettea la mandra

                                degli orecchiuti. E il mare sussurrava
                              come un po’ stanco, con la placid’ansia
                                quasi di sonno, all’ineguale spiaggia.




                                 Pur altre volte il vento udire il rullo
                                     facea di cupi timpani e l’acuto
                         squillo di trombe, andando al ciel lo spruzzo

                             salso del mare; e un secco fragor lungo

                              dava, ai macigni ed allo scoglio, d’urto.
                                 Fuggiano il vento pallide le nuvole,
                                    accavallate all’orizzonte oscuro;

                                  e palpitava scosso da un sussulto

                               il cielo, il cielo che v’è sempre azzurro.
                                 Ma il sole allora limpido come oro,
                                   scaldava i pingui cavoli nell’orto,

                                    le prime fave, i fiori del fagiolo.

                                 E del fior d’uva già per l’alto poggio


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