Page 20 - Poemi conviviali
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Io sono aedo, o pieveloce Achille,
                                            caro ai guerrieri, non guerriero io stesso.
                                            Io nacqui sotto la selvosa Placo,
                                            in Thebe sacra, già da te distrutta.
                                            Da te non vengo a liberarmi un figlio
                                            cui lecchi il sangue un vigile tuo cane;
                                            il figlio, no; recando qui sul forte
                                            plaustro mulare tripodi e lebeti
                                            e pepli e manti e molto oro nell'arca.
                                            Non a me copia, non a te n'è d'uopo;
                                            ché tu sei già del tuo destino, e tutti
                                            lo sanno, il cielo, l'infinito mare,
                                            la nera terra, e lo sai tu ch'hai dato
                                            ai cari amici le tue prede e i doni
                                            splendidi; ansati tripodi, cavalli,
                                            muli, lustranti buoi, donne ben cinte,
                                            e grigio ferro, e reso Ettore al padre
                                            e la tua vita al suo dovere... Oh! rendi
                                            dunque all'aedo la sua cetra, Achille!




                                                             V

                                               Disse, e sporgea la mano alla sua cetra
                                            bella, dedalea, ma l'argenteo giogo
                                            era dai peli del lion coperto.
                                            E il cuor d'Achille, mareggiava, come
                                            il mare in dubbio di spezzar la nave,
                                            piccola, curva. E poi parlava, e disse:
                                            TE'; riporgendo al pio cantor la cetra;
                                            non sì che, urtando nel pulito seggio,
                                            non mettesse, tremando, ella uno squillo.
                                            Poi tacque, in mano dell'aedo, anch'ella.



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