Page 13 - Poemi conviviali
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vago per l'onde come smergo ombroso,
dài ch'alla nave il pio cantore ascenda?
cieco uomo, e vive nella scabra Chio.
Così te veda un ospite all'approdo.
Tanto io gli dissi. Egli assentì; ché grande
è del cantore, ben che nudo e cieco,
la grazia in uno ardor di venti, in una
ai cuori alati ritrosia di calma.
E di qual dono, o Deliàs, partendo,
né so per dove, su la nave nera,
posso bearti il giovanetto cuore?
Ché non possiedo, fuor della bisaccia
lacera, nulla, e dell'eburnea cetra.
E il canto, industre che pur sia, non m'offre
se non un colmo calice ed un tocco
di pingue verro e, terminato il canto,
una lunga nel cuore eco di gioia.
Io cieco vo lungo l'alterna voce
del grigio mare; sotto un pino io dormo,
dai pomi avari: se non se talora
m'annunzïò, per luoghi soli, stalle
di mandrïani un subito latrato;
o, mentre erravo tra la neve e il vento,
la vampa da un aperto uscio improvvisa
nella sua casa mi svelò la donna
che fila nel chiaror del focolare.
Pur non già nulla dar non può, sì molto,
il cieco aedo; e quale a me tu dono,
negato a tutti, della tua bellezza,
offristi, donna; né maggior potevi;
tale a te l'offro, né potrei maggiore.
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