Page 8 - Morella
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ciò, ma non me ne faceva rimprovero; sembrava conscia
della mia debolezza o pazzia e, sorridente, la chiamava
destino. Sembrava anche conscia della causa, a me igno-
ta, della graduale alienazione del mio affetto ma non ne
dava segno, né alludeva alla sua natura. Tuttavia era
donna, e deperiva di giorno in giorno. Col tempo una
macchia rossa si fissò sulla sua guancia, e le vene azzur-
re della sua candida fronte si fecero più pronunciate; e
per un istante la mia natura fu vinta dalla pietà, ma il
momento dopo, incontrando lo sguardo dei suoi occhi
pieni di significato, la mia anima si riempiva di malesse-
re ed era presa dalla vertigine come colui che fissa lo
sguardo in qualche lugubre e insondabile abisso.
Debbo dire che desideravo intensamente e ardente-
mente l’ora della morte di Morella? Così era; ma il suo
spirito fragile restò attaccato al suo involucro mortale
per lunghi giorni, per settimane e mesi penosi, finché i
miei nervi torturati presero il sopravvento sulla ragione,
e io, impaziente di ogni ritardo, mi lasciai andare, con
un cuore di demone, a maledire i giorni, le ore e i minuti
amari, che sembravano diventare più lunghi a mano a
mano che la mite esistenza di lei declinava come le om-
bre al morire del giorno.
Ma una sera d’autunno, in cui i venti tacevano nei
cieli, Morella mi volle al suo capezzale. Sulla terra si
stendeva un velo di nebbia, un caldo riflesso sulle ac-
que; dal firmamento doveva certo esser caduto un arco-
baleno frammezzo all’opulento fogliame ottobrino della
foresta.
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