Page 665 - Jane Eyre
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— È qui la signorina Eyre?
              Poi volle sapere quale camera mi aveva data, se ero
           alzata, e le ordinò di salire per domandarmi se avevo bi-
           sogno di nulla.
              Scesi   all'ora  della   colazione   ed   entrai   piano   nella
           stanza, esaminandolo.
              Fui addolorata vedendo quello spirito vigoroso doma-
           to da un corpo infermo.
              Egli aveva l'aspetto di chi attende ansiosamente. I

           suoi lineamenti marcati rivelavano un dolore continuo.
           Pareva un lume spento che attenda qualcuno che lo riac-
           cenda.
              Ma non era lui che poteva ravvivare la fiamma; aveva
           bisogno del concorso di un altro.
              Volevo essere ilare e gaia, ma l'impotenza di quell'uo-
           mo, che avevo veduto così forte, mi intenerì. Nonostan-
           te, mi accostai a lui e gli dissi con tutta l'allegria che po-
           tevo simulare:
              — Ecco una bella giornata; ha smesso di piovere e c'è
           il sole. Verrete fra poco a passeggiare.
              Aveva riaccesa la fiamma dal volto, ero raggiante.
              — Ahi eccovi, gaia lodoletta! — esclamò. — Venite a
           me; non siete partita, non siete scomparsa. Da un'ora
           sento le vostre sorelle cantare nel bosco, ma per me il
           loro canto non aveva armonia: il mio orecchio è insensi-
           bile a tutte le armonie della terra, e non mi piace altro
           che la voce della mia Jane.
              "Per fortuna si fa udire spesso. La sua presenza è il
           solo raggio che possa riscaldarmi.


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