Page 667 - Jane Eyre
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Cominciai allora il racconto di quello che avevo fatto
in quell'anno, e attenuai molto gli strazii dei tre primi
giorni, in cui avevo errato morente di fame; sarebbe sta-
to un procacciargli una inutile sofferenza.
Però quel poco che gli raccontai bastò a rattristarlo
più di quello che avevo supposto.
Mi disse allora che non avrei dovuto lasciarlo senza
assicurarmi il denaro per il viaggio; che avrei dovuto
comunicargli la mia intenzione, confidarmi con lui, ed
egli non mi avrebbe mai costretta ad esser la sua aman-
te.
Mi voleva tanto bene che mi avrebbe dato la metà del
suo patrimonio, senza chiedermi in compenso un bacio,
piuttosto che vedermi spersa per il mondo, senza amici.
Egli era sicuro, aggiunse, che avevo sofferto più di
quel che dicevo.
— Ma le mie sofferenze sono state brevi, — risposi.
E mi misi a raccontargli come ero stata ricevuta a
Moor-House, come avevo ottenuto il posto di maestra a
Morton, e dell'eredità e della maniera come avevo trova-
to i miei cugini.
Il nome di Saint-John tornava spesso nel racconto.
Quando ebbi terminato, il signor Rochester mi do-
mandò:
— Dunque quel Saint-John è vostro cugino?
— Sì.
— Ne avete parlato spesso. Lo amavate?
— Era buono, signore e non potevo non amarlo.
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