Page 306 - Jane Eyre
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Ero dunque rinchiusa di notte in una camera misterio-
           sa e avevo davanti a me un uomo pallido e insanguinato
           e l'assassino era separato da me da una semplice porta;
           ecco quello che era anche più terribile; il resto potevo
           sopportarlo,  ma   tremavo  al  pensiero di   veder  Grace
           Poole precipitarsi su di me.
              Eppure dovevo restare al mio posto, guardare quel
           fantasma, quelle labbra livide, alle quali era stato impo-
           sto di non aprirsi, quegli occhi ora chiusi, ora serrati nel-

           la stanza, talvolta fissi su di me, ma sempre cupi e vi-
           trei; bisognava che immergessi di continuo la mano in
           quell'acqua mescolata al sangue e che lavassi quella fe-
           rita, che gemeva sempre.
              Dovevo veder la candela, che nessuno poteva smoc-
           colare, sporger sul mio lavoro la sua luce lugubre.
              Le ombre si oscuravano sulla vecchia stoffa, sulle
           cortine del letto e fluttuavano stranamente sugli sportelli
           del grande armadio, che era di faccia a me.
              Quell'armadio era diviso in dodici riquadri e in cia-
           scuno vi era la testa di un apostolo; sopra quelle dodici
           teste era scolpito un crocifisso di ebano.
              Secondo le oscillazioni della fiamma era San Luca
           con la lunga barba, che curvava la fronte, o San Giovan-
           ni, con i capelli fluttuanti, o Giuda dal volto infernale,
           che si animava e prendeva le sembianze di Satana.
              E in mezzo a quei quadri lugubri tendevo sempre l'o-
           recchio per udire la donna rinchiusa nella stanza vicina;
           ma pareva che dopo la visita del signor Rochester un in-
           cantesimo l'avesse resa immobile; in tutta la notte non


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