Page 129 - Jane Eyre
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Gettai uno sguardo rapido su quel panorama e i miei
occhi si arrestarono finalmente sui picchi azzurrognoli
più lontani. Erano quelli là che avevo desiderato varca-
re.
Quel vasto altipiano circondato dalle roccie mi sem-
brava una prigione, una terra di esilio.
Il mio sguardo seguiva quella grande strada che gira-
va ai piedi del monte e che si perdeva in una gola tra
due colline; avrei desiderato seguirla con gli occhi an-
che più lontano e cominciavo a ripensare al tempo nel
quale avevo viaggiato su quella stessa strada, nel quale
avevo sceso quelle montagne alla debole luce di un cre-
puscolo.
Un secolo mi sembrava fosse trascorso dal giorno in
cui ero arrivata a Lowood, e pure non lo avevo mai la-
sciato; ci avevo passato le vacanze, perché la signora
Reed non mi aveva mai fatto invitare a Gateshead, e né
lei, né nessun membro della sua famiglia era mai venuto
a vedermi.
Non avevo mai avuto comunicazione né per lettera,
né a voce col mondo esterno; le regole, le abitudini, i
doveri, le voci, le figure, le frasi, i costumi, le preferen-
ze e le antipatie di un collegio, ecco tutto quello che sa-
pevo della vita, e capivo ora che non era abbastanza.
In un solo pomeriggio quella vita metodica, che vive-
vo da otto anni, era diventata grave per me, desideravo
la libertà, sospiravo dietro ad essa e per essa pregavo.
Ma mi pareva che ogni mia parola fosse portata via
da leggera brezza; rinunziai a quella speranza, e feci una
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