Page 119 - Jane Eyre
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La vedevo dalla finestra, e anche male, perché era
           rinvoltata in uno scialle e andava a sedersi sotto il porti-
           cato.
              Una sera, al principio di giugno, mi ero indugiata nel
           bosco con Anna; dopo esserci separate dalle altre aveva-
           mo errato lungamente, e ci eravamo sperse. Bisognò
           chiedere indicazioni sulla via da tenere a un uomo e una
           donna che facevano pascere i maiali.
              Quando giungemmo a casa, la luna era alta. Un caval-

           lo, che riconoscemmo per quello del medico, era legato
           al cancello del giardino.
              Anna mi fece osservare che vi doveva essere una ma-
           lata grave per aver chiamato a quell'ora il signor Batis.
              Ella entrò in casa. Io rimasi invece in giardino a pian-
           tare alcune barbe portate dal bosco, e che si sarebbero
           seccate lasciandole fuori della terra fino al giorno dopo.
              Terminato il lavoro, rimasi ancora in giardino; i fiori,
           sotto la rugiada, sprigionavano un dolce profumo, la se-
           rata era serena e tepida; l'oriente imporporato promette-
           va un bel domani, la luna a occidente saliva maestosa.
              Osservai tutte quelle cose e ne godei, come ne può
           godere una bimba, e il mio spirito si fermò a fare una
           considerazione non mai fatta prima.
              — Come deve esser penoso, — dissi a me stessa, —
           di trovarsi stesa ora su un letto di dolore, di essere in pe-
           ricolo di vita! Questo mondo è bello, e deve soffrire chi
           è costretto ad abbandonarlo per andare chi sa dove.
              Allora la mia mente fece il primo sforzo per capire
           ciò che aveva imparato sul cielo e sull'inferno, e per la


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