Page 98 - Oriana Fallaci - La vita è una guerra ripetuta ogni giorno
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massacro. Sebbene non abbia visto quello di Beirut ho visto quello di Hué, in
Vietnam, quelli di Dacca, nel Bangladesh, quello di Città del Messico dove mi son
presa anche tre pallottole, e vi dico che la televisione non dà la minima idea di che
cosa è un massacro. Né le fotografie. Le fotografie non puzzano.
Sì, lo so: tutti odiano la guerra o dicono di odiarla. Però tutti la accettano come
una parte della vita, o almeno come una maledizione che fa parte dell’esistenza. «La
guerra è sempre esistita e sempre esisterà.» Senza contare i farabutti che non la
odiano per niente e anzi ci credono, suonano fanfare per essa. Ad esempio il
gentiluomo, un ebreo americano che lavora per l’Istituto degli studi strategici a
Washington, che conobbi a Tel Aviv, a casa di Yael Dayan: la figlia di Moshe
Dayan. Mi disse con sussiego: «La guerra è bella». E qualcun altro rispose: «Non
bella, necessaria». La guerra non è necessaria, accidenti! Non è neanche una
maledizione inevitabile. Ve lo dico io che cos’è la guerra: l’attività più idiota, più
illogica, più grottesca del genere umano; il crimine legittimato più abbietto, più
inaccettabile, che possa esser commesso dai bastardi che ci comandano; l’ultima
risorsa degli imbecilli che non sanno risolver le cose col cervello perché non hanno
cervello. E così fanno la guerra. No, non la fanno. Ci mandano gli altri a farla. Come
dissi al generale Galtieri durante la guerra delle Falkland, coloro che decidono le
guerre non le fanno mai. Non le vedono neanche col cannocchiale. Ci mandano gli
altri.
Anche il gentiluomo (continuiamo a chiamarlo così) dell’Istituto degli studi
strategici a Washington non aveva mai fatto una guerra. E manderebbe gli altri a
farla: i giovani in buona salute, voi. Oh, la vostra salute è importante. Dovete avere
buoni muscoli e buoni occhi e buoni riflessi per ammazzare ed essere ammazzati alla
guerra. Se il vostro torace è stretto, se i vostri occhi sono deboli, se i vostri riflessi
sono lenti i generali e i gentiluomini dei vari Istituti degli studi strategici non ve lo
concedono l’onore e il privilegio di uccidere, d’essere uccisi. Se invece avete tutto
ciò che ci vuole per vivere a lungo, sapete che fanno? Vi mettono una bandiera nella
mano sinistra, un fucile nella mano destra, e vi mandano a farvi ammazzare, ad
ammazzare sia quelli in buona salute che quelli in cattiva salute. Cioè i bambini, i
vecchi, gli innocenti, chiunque si trovi a passare di là. Non abbiate troppa buona
salute, vi prego. E non dimenticate mai ciò che ho detto: voi, future vittime dei vari
Galtieri e dei vari Sharon del mondo. Dimenticatelo ancora meno in questi giorni
pericolosi. Sì, davvero pericolosi. Con quel che succede laggiù nel Medio Oriente.
V’è una parte del mondo dove andare alla guerra mi piace ancor meno che
altrove: il Medio Oriente. Perché mi sento così a disagio laggiù, così legata da
dilemmi e rabbie e ragionamenti, quindi incapace di schierarmi nettamente con gli
uni o con gli altri. Una volta chiesero a Pier Paolo Pasolini: «Chi ha ragione e chi ha
torto, laggiù: gli israeliani o i palestinesi?». E Pasolini rispose: «Hanno entrambi
ragione ed entrambi torto». Be’, dimenticò di aggiungere che entrambi si comportano
come se avessero torto anche quando hanno ragione. E, per questo, lo sapevo prima
di andarci che non mi sarebbe piaciuto nessuno a Beirut: né gli israeliani, né i
libanesi, né i palestinesi dell’Olp, né gli occidentali. Noi occidentali su cui grava la