Page 70 - Oriana Fallaci - La vita è una guerra ripetuta ogni giorno
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dalla scarsa freddezza che distingue i combattenti non provati. Come George
apparteneva a El Fatah che significa Movimento nazionale di liberazione palestinese,
Harakat Al Tahrir Al Falastini, e deriva dalle iniziali di queste parole ma rovesciate.
Hataf, in arabo, significa Morte; Fatah, invece, vuol dire Vittoria. Come George si
occupava dei giornalisti ed ora ci stava portando nelle basi segrete dei fidayn.
Quelle dove i fidayn si nascondono per condurre la loro guerra a Israele, quelle da
cui i fidayn partono per attaccare Israele al di là degli sbarramenti fotoelettrici e i
campi di mine. «Sono basi dove nessun giornalista è mai stato, nessuno straniero.»
«Sì, Abu Abed.» «Non dovrete chiederci di localizzare il punto preciso, se lo capite
non dovrete mai rivelarlo.» «Sì, Abu George.» «Non potrete allontanarvi, né
abbandonarvi a imprudenze che comprometterebbero la sicurezza dei fidayn e la
nostra.» «Certo, Abu Abed. Non esser nervoso, Abu Abed.»
Gli avevo detto a quel modo ma ora anch’io ero nervosa, sia pure per motivi
diversi. Lo ero per la responsabilità che il mestiere di informare gli altri comporta,
per il dramma che sempre mi costa e stavolta era doppio perché coinvolgeva la mia
coscienza, i miei dubbi. A questa guerra, pensavo, hai guardato finoggi con voluto
distacco o perdendoti in labirinti di scuse: Cina, America, Russia, Mediterraneo,
Petrolio, Comunismo, Sionismo. Ma sai bene che, quando tocchi con dito, il distacco
è impossibile; sai bene che la realtà umana è più onesta dei labirinti. Qui si riassume
così: da una parte ci sono gli arabi e dall’altra gli ebrei, sia gli uni che i secondi
combattono per non finire. Se vincono gli arabi, sono finiti gli ebrei; se vincono gli
ebrei, sono finiti gli arabi. Dunque chi ha ragione, chi ha torto, chi scegli? Gli ebrei
li conosci. Perché hai sofferto per loro, con loro, fin da bambina, li hai visti braccare
arrestare massacrare a migliaia a milioni. Li hai difesi, li hai aiutati, li hai amati. Hai
sperato che avessero un posto per stare, difendersi, ti è piaciuto che approdassero
infine alla Terra Promessa: un Paese chiamato Palestina. Non ti sei chiesta nemmeno
se ci fossero giunti in modo giusto o ingiusto, se giungendoci lo trovassero vuoto
come la Luna o abitato già da un suo popolo con ogni diritto di starci: dai palestinesi
ad esempio. Gli arabi non li conosci. Non hai mai sofferto con loro, non hai mai
pianto per loro, non sono mai stati un problema per te. Di loro hai sempre saputo che
inventarono i numeri, che i Crociati li invasero e li fecero a pezzi poi essi fecero a
pezzi i Crociati e ci invasero: basta. Però un giorno è successo qualcosa. Hai letto
che centinaia e centinaia di migliaia di creature, di palestinesi, eran fuggiti o eran
stati cacciati dal Paese che si chiamava Palestina e ora si chiama Israele. Un milione
nel 1948, trecentomila nel 1967, ammassati come le pecore nei campi profughi della
Giordania, della Siria, del Libano, sotto minuscole tende che il vento abbatte e la
pioggia fa affogare nel fango, dentro baracchine in metallo che l’inverno trasforma in
blocchi di ghiaccio e l’estate in forni roventi. Sradicati, umiliati, spogliati d’ogni
possesso e d’ogni diritto: i nuovi ebrei della Terra. E dai nuovi ebrei della Terra è
nata una misteriosa parola: fidayn. Hai chiesto cosa significa e t’hanno risposto:
uomini del sacrificio, guerriglieri. Hai chiesto che vogliono e t’hanno risposto:
distruggere Israele, riprendersi la Palestina. Hai chiesto in che modo e t’hanno
risposto: come i vietcong nel Vietnam, ammazzando, morendo. Ieri hanno attaccato