Page 57 - Oriana Fallaci - La vita è una guerra ripetuta ogni giorno
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scherzo conduce a Vung Tau, l’ultimo porto di cui i sudvietnamiti dispongono dopo
aver perso l’intera costa dal diciassettesimo parallelo in giù. Quanto al delta, cioè a
quel che rimane del Sud Vietnam a parte Saigon, non è il caso di farsi illusioni. Si
ignora quante divisioni nordvietnamite vi siano nel delta ma si sa che sono fresche:
vengono dalla Cambogia e non hanno ancora combattuto. Qui sono freschi anche i
vietcong: da due anni, nella provincia di An Xuyen, coltivano tranquillamente il riso.
I loro attacchi a Can Tho e a My Tho sembrano giochi per tenersi in esercizio.
L’arco si appresta a diventare un cerchio. Lo è già divenuto mentre scrivo?
Possibile. La realtà qui evolve di ora in ora. Tra breve Saigon non avrà che un unico
sbocco verso il mare: il suo fiume. E per bloccarlo basteranno due reggimenti
vietcong. Quando ti affacci alla tua finestra sul fiume, ti senti prigioniero di un’isola
condannata a morte.
[…] Una volta tagliate le strade di accesso alla capitale, quanto a lungo potrà
esser sopportato l’assedio? Saigon non è Stalingrado. Non a caso il soprannome
dispregiativo che gli è stato dato, repubblica di Saigon, ne ricorda un altro:
repubblica di Salò. E va da sé che qui vivono ben tre milioni e mezzo di creature,
che non sempre meritano paragoni simili.
E così la paura strozza le voci, annebbia gli occhi. Una paura composta di mille
paure. La paura della battaglia, per incominciare. Quando i nordvietnamiti
lanceranno l’attacco finale, si dice, esso sarà apocalittico. I nordvietnamiti
impiegheranno tutte le forze, da nord a sud, da nord-est a sud-ovest, da nord-ovest a
sud-est: una valanga di fuoco incrociato si abbatterà sopra ogni edificio, ogni strada,
ogni famiglia.
A ogni bomba che cadeva su Hanoi i saigonesi si sentivano un po’ più protetti.
Prima di quello, però, ci sarà la pioggia dei razzi. Come mai non è incominciata? La
si aspetta ogni alba, ogni notte. Alle nove di sera, quando il coprifuoco ci imprigiona
dentro le case o gli alberghi, l’attesa ci chiude lo stomaco. È un’attesa tremenda
perché sai che deve accadere e accadrà: inevitabilmente, irrimediabilmente. Dove
cadrà il primo razzo? Proprio qui da te? Nel sospetto esiti a spogliarti per andare a
letto. Poi vai a letto e non dormi perché i tuoi orecchi son tesi verso ogni sibilo, ogni
fruscio, e il tuo sguardo corre verso la porta da cui conti di metterti in salvo. Spesso
ti alzi. Guidato dal rombo degli aerei sudvietnamiti che vanno a gettare il napalm sul
nemico, dal brontolio degli elicotteri che cercano di individuare le postazioni
nemiche, ti avvicini alla finestra e scruti nel buio: in cerca della cometa che causerà
i primi morti e intanto un’esplosione squassa l’aria assordandoti. I vietcong hanno
fatto saltare un deposito di munizioni a Bien Hoa. Il giorno ti coglie spossato dalla
stanchezza. Allo stesso tempo, in guardia verso nuove minacce. Potrebbero
bombardare anche di giorno. La gente cammina pensandoci continuamente,
chiedendosi quanto durerà. L’esitazione dei nordvietnamiti dipende forse da un
problema logistico? Aspettano forse un rifornimento di vettovaglie per non dover poi
affrontare il problema di una città conquistata sì ma affamata? Non dar retta a chi
dice che a Saigon la guerra non si vede, sembra lontana. Lo dice senza saper cosa
dice.