Page 65 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
P. 65

di vita, qui invece nessuno si chiedeva se fosse lecito togliere l’intera esistenza a un

          intero  popolo  di  creature  giovani,  sane,  col  cuore  a  posto.  E  l’ira  mi  avvolse
          penetrandomi sotto la pelle, bucandomi fino al cervello, e promisi di scrivere questa
          incoerenza, e da questa incoerenza crebbe un diario […].
               Mi avevano detto che il luogo giusto per aver le notizie era la France Presse,
          l’uomo da conoscere era il suo direttore François Pelou, così prima di mezzogiorno
          sono andata a cercarlo ed eccolo: un bel giovanotto dai capelli grigi e il corpo di

          atleta, il volto duro ed attento, due occhi cui non sfugge nulla, insieme dolorosi ed
          ironici. Dapprima mi ha fatto impressione per questo: sai il tipo che ti giri a guardare
          più d’una volta perché è diverso dagli altri, si lascia dietro qualcosa. Poi mi ha fatto
          impressione  per  i  suoi  gesti  bruschi  e  scontrosi:  non  ti  dava  confidenza  e  non  ne
          cercava. […]
               Rientrando in albergo, ho trovato un suo bigliettino. Era firmato solo con la sigla
          e, lì per lì, non ho riconosciuto la sigla. Ma ho capito che veniva da lui per il tono

          affettuoso, insolente: «Amuse-toi à Dak To. N’aie pas peur. FP».


          Fu a Dak To che avvenne il mio primo contatto con la guerra. Era novembre, e non
          avevo mai visto una battaglia e nel taschino dell’uniforme portavo quel foglietto di
          François, «N’aie pas peur», non aver paura, e non volevo averne, ma ne avevo tanta.

          E per questo forse i miei occhi erano spalancati come non lo sarebbero stati mai
          più. 35



                                                           ***


          Essere coraggiosi non significa non avere paura. Significa fare le cose malgrado la
          paura.  Io alla guerra e nei pericoli ho sempre avuto paura, ho sempre paura.  Una
          paura cane. Alcuni per paura vanno al gabinetto. A me la paura produce un effetto

          diverso: mi stringe stomaco e intestino, me li paralizza e non vo più al gabinetto. Io
          in Vietnam non andavo mai al gabinetto. Non so ricordare un giorno in cui non avessi
          paura.  Chi  dice  di  non  aver  paura  alla  guerra  è  un  fottuto  bugiardo  ipocrita.
          Bugiardo! Ipocrita! Ma come si fa a non aver paura alla guerra?!? Tutti hanno paura
          alla  guerra,  non  esiste  soldato,  non  esiste  eroe,  che  non  abbia  paura  alla  guerra.
          Paura  delle  bombe,  delle  fucilate,  paura  di  morire.  Io  lo  chiedevo  a  tutti:  «Hai
          paura?». E tutti, tutti mi rispondevano: «Sì, signora, tanta». E io: «Anch’io». Però

          ricordo poche occasioni in cui per paura non ho fatto una cosa.  Vediamo. A  Khe
          Sanh per esempio. Io a Khe Sanh non sono riuscita ad andare. Due volte mi sono
          provata e all’ultimo momento non ci sono riuscita. La terza volta ero pronta. Stavo su
          quell’elicottero, un CH-47, sola sola fra un carico di munizioni. Che se arrivava una
          pallottolina  vietcong  si  saltava  come  una  bomba  disinnescata.  Eppure  non  mi
          muovevo. Devo farlo, pensavo, devo. Lo hanno fatto altri, lo faranno altri, devo farlo

          io. E quella volta lì, perdio, hanno avuto paura i due piloti. Hanno cominciato a dire
          che le pale non funzionavano (invece funzionavano benissimo), e non sono partiti. E
          son dovuta scendere e non ci ho più provato.  Però bisognava sapere cos’era  Khe
   60   61   62   63   64   65   66   67   68   69   70