Page 153 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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La notte in cui seppi che Fabrizio Quattrocchi era stato ucciso. Dio che notte. Faceva

          un  freddo  invernale,  qui  in  Toscana.  Pioveva  a  dirotto,  lampeggiava,  il  vento  ti
          portava via, e io ero più malata di sempre. Avevo un dolore tremendo ai polmoni e
          alla trachea e all’esofago, dove l’Alieno s’è fatto il nido. Così non potevo neppure
          scendere  dal  letto.  Potevo  stringere  i  denti  e  basta.  Però  appena  seppi  che
          Quattrocchi era stato ucciso, mi alzai. Presi il tricolore che tenevo nel cassettone, mi
          trascinai alla finestra e bagnandomi tutta, prendendomi schiaffi di vento, lo fissai alla

          griglia del balcone con gli spilli da balia. La mattina dopo chiamai tre amici operai,
          operai dell’Enel, e: «Ragazzi, bisogna che mi aiutiate a installare bene un tricolore
          che  ho  fissato  con  gli  spilli  da  balia  perché  l’asta  non  ce  l’ho».  Vennero  subito.
          «S’arriva di corsa, Fallaci!» Uno portò addirittura l’asta. Di nascosto alla moglie
          l’aveva  tolta  dalla  camera  da  letto  dove  reggeva  le  tende,  e  ogni  poco  ripeteva:
          «Quando la se n’accorge, quella là mi divorzia!». Io stavo peggio della notte prima.
          Il dolore era aumentato e mentre fissavano l’asta, ci inchiodavano la bandiera, non li

          osservai.  Ma  a  lavoro  concluso  andai  a  vedere  e  mi  commossi.  […]  Non  è  una
          bellezza?  Se  qualcuno  me  la  tocca,  gli  sparo  nel  culo  col  fucile  da  caccia.  Eh!
          Sebbene la mia Italia sia un’Italia ideale, un’Italia che non esiste, che forse è esistita
          soltanto nel Risorgimento, guai se il mio orgoglio patriottico viene ferito.           21
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