Page 134 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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C’è anche chi mi ha accusato, tra le tante accuse, di amare la guerra, e io non
nascondo e lo dico in Insciallah, lo faccio dire a un personaggio che si chiama
Pistoia, dico che la guerra ahimè, mi dà disagio ammetterlo, ha una sua attrazione,
perché quando si esce vivi da una guerra o da un combattimento o da una battaglia ci
si sente vivi come in nessun’altra occasione della vita. Ma la guerra mi ha sempre
interessato perché io sono cresciuta nella guerra, fin da bambina io non ho visto che
guerra, non ho sentito che parlare di guerra, e da grande ho scelto di tornarci per
comprenderla meglio. E naturalmente comprendendola l’ho odiata con maggiore
violenza. Sono portata a scrivere non sempre, ma spesso, sulla guerra, su storie di
guerra, anche questo lo faccio dire in Insciallah a un personaggio […]. È il
professore che parla, un personaggio che crede di scrivere il libro, ma invece non lo
scriverà perché è un personaggio di carta, il libro verrà scritto da quella che chiamo
la giornalista di Saigon, e il professore vuole scrivere un libro ambientato alla
guerra e spiega in una lettera alla moglie che non esiste, perché niente rivela l’uomo
quanto la guerra, niente ne esaspera con uguale forza la bellezza e la bruttezza,
l’intelligenza e la stoltezza, la brutalità… l’enigma. 23
Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo
profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di
sangue, ma perché ama la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) la
guerra porta dentro di sé. Con la vitalità, la sfida e la scommessa e il mistero di cui
essa si nutre. Sul palcoscenico della gran commedia che ha nome «pace» il mistero
non esiste. Sai già che lo spettacolo si compone di alcuni atti e che dopo il primo
atto vedrai il secondo, dopo il secondo vedrai il terzo: le incognite riguardano solo
lo sviluppo della storia narrata e il suo epilogo. Sul palcoscenico della gran tragedia
che ha nome «guerra», invece, non sai mai che cosa accadrà. Che tu ne sia spettatore
o interprete, ti chiedi sempre se vedrai la fine del primo atto. E il secondo è una
possibilità. Il terzo, una speranza. Il futuro, un’ipotesi. Puoi morire in qualsiasi
momento, alla guerra, e in qualsiasi momento puoi restar ferito cioè venire tolto dal
cast o dal recinto del pubblico. Tutto è un’incognita lì, un interrogativo che tiene col
fiato sospeso, ma proprio per questo ci vibri d’una vitalità esasperata. I tuoi occhi
sono più attenti, alla guerra, i tuoi sensi più svegli, i tuoi pensieri più lucidi. Scorgi
ogni particolare, percepisci ogni odore, ogni rumore, ogni sapore. E, se hai cervello,
puoi studiarvi l’esistenza come nessun filosofo potrà mai studiarla: puoi analizzarvi
gli uomini come nessun psicologo potrà mai analizzarli, capirli come non potrai mai
capirli in un tempo e in un luogo di pace. Se poi sei un cacciatore, un giocatore
d’azzardo, ti ci diverti come non ti sei mai divertito e non ti divertirai mai nel bosco
o nella tundra o al tavolo della roulette. Perché l’atroce gioco della guerra è la
caccia delle cacce, la sfida delle sfide, la scommessa delle scommesse. La caccia
all’Uomo, la sfida alla Morte, la scommessa con la Vita. 24
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