Page 116 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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          Il libro doveva essere il mio ultimo regalo ad Alekos. E questo regalo non avrebbe
          avuto senso se non avessi chiamato Alekos col suo vero nome. E una volta chiamato
          Alekos col suo vero nome, era necessario raccontare la storia di Alekos con la sua
          vera storia. 38



          [Ma]  essendo  uno  scrittore,  non  mi  bastava  scrivere  un  libro  di  memorie  o  una
          biografia.  Non  potevo  dire  abbastanza  con  un  libro  di  memorie  o  una  biografia.
          Dovevo dire di più: avevo bisogno del romanzo.  Infatti cos’è una biografia?  È il
          racconto completo, magari prolisso, di tutti gli eventi che hanno composto la vita di
          una  persona.  E  cos’è  un  libro  di  memorie,  un memoir?  È  la  cronaca,  altrettanto

          completa,  magari  prolissa,  di  avvenimenti  storicamente  avvenuti.  E  cos’è  un
          romanzo, invece? È la storia strappata alla cronaca e rielaborata, re-inventata, quindi
          trasportata  in  una  verità  più  profonda  e  più  vasta.  Perché  verità  universale,  non
          legata a quel particolare episodio di quella particolare persona. Il romanzo allarga,
          quando il giornalismo rimpicciolisce. Il giornalismo ti racconta cosa è successo quel
          giorno, anzi a quell’ora, a quell’indirizzo, a quella data persona o città o Paese. E ti
          fa una fotografia in primo piano: una fotografia che coglie il momento in cui è stata

          scattata. Il romanzo, come la poesia, ti racconta una storia che si allarga nel tempo e
          nello spazio, che va al di là di quell’ora, di quell’indirizzo, di quella persona, che
          resta  valida  domani  e  dopodomani,  e  che  spazia  con  una  panoramica  che  la
          fotografia non può darti.
               Insomma,  io  non  volevo  raccontare  la  biografia  storica  del  cittadino  greco
          Alessandro Panagulis nato ad Atene il 2 luglio 1938 e morto ad Atene il 1° maggio

          1976. Non volevo raccontare dov’era andato a scuola, e chi era suo padre, chi era
          sua madre, cos’era successo in Grecia nel 1967 quando i militari avevano preso il
          potere. E neanche narrare ogni giornata dei tre anni che aveva vissuto con me. Non
          mi  interessava!  Io  volevo  dare  un Alekos  universalizzato,  un Alekos  nel  quale  si
          riconoscevano gli Alekos dell’Argentina, del Cile, del Brasile, del Nicaragua, della
          Cina, della Russia, dell’India: che so io… Gli Alekos del mondo. Voglio dire, non
          mi  bastava  il  suo  caso  personale  visto  come  caso  del  cittadino  Alessandro

          Panagulis: mi serviva un caso emblematico. Da rielaborare. Da interpretare. Da re-
          inventare: ecco la parola giusta. Re-inventare per re-inventare la verità, e renderla
          più vera della verità storica.
               Non era facile, naturalmente. Non è stato facile, visto che – per un atto d’amore –
          avevo scelto di usare il suo nome, quindi i fatti e i nomi e le date connesse a quel
          nome.  Quei  veri  nomi,  quei  veri  fatti,  quelle  vere  date  mi  ammanettavano.

          Incatenavano la mia fantasia, la mia creatività. V’erano giorni in cui mi sembrava di
          scrivere proprio con le manette degli arrestati. Oh se avessi potuto cambiare di sana
          pianta quell’episodio, quella data! Se avessi potuto inventare tutto dalle radici! Ma
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