Page 113 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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George Habash



                          Perché mettete le bombe sugli aerei?





             L’uomo  che  avevo  dinanzi  era  l’uomo  cui  si  devono  gran  parte  degli
          attentati  in  casa  nostra,  in  Europa.  Una  bomba  nella  sede  delle  linee
          israeliane ad Atene e un bambino di dodici anni ci rimette la vita. Una

          sparatoria  all’aeroporto  di  Monaco  e  un  passeggero  muore,  altri
          passeggeri   niscono  agonizzanti  all’ospedale,  una  hostess  con  tre
          pallottole  dentro  lo  stomaco.  Un  bidone  di  benzina  nella  sinagoga  di
          Amburgo  e  sette  poveri  vecchi  muoiono  bruciati.  Un  ordigno  nel

          portabagagli di un Caravelle che decolla da Francoforte, un’esplosione in
          volo, e solo per un miracolo l’aereo riesce a tornare indietro e atterrare.
          Quello della Swissair, partito da Zurigo, invece no.
             Scoppia  e  precipita  nella  foresta  di  Doettingen  dove  troveranno  le

          membra  sparse  di  quarantasette  persone.  Quarantasette  civili  d’ogni
          nazionalità, colpevoli di recarsi a Tel Aviv. È l’episodio più vile. Così vile
          che il Fronte Popolare, dopo averne assunta la paternità per mezzo di un
          portavoce di Beirut e uno di Amman, ci ripensa e nega: «Non siamo stati

          noi».  E  poi  ci  sono  le  bombe  nei  sacchi  postali,  ci  sono  gli  incendi  nei
          magazzini  di  Londra,  ci  sono  i  dirottamenti  su  Damasco,  su  Algeri,  le
          cariche di dinamite qua e là, gli episodi che lo stesso Comando uni cato
          palestinese de nisce «crimini da condannare» e che Abu Lotuf, il cervello

          di  Al  Fatah,  commenta  in  disgusto:  «Questa  non  è  guerra,  è  roba  da
          scimmie.  Monkey  business.  Ma  lei  gliel’ha  chiesto  perché  lo  fanno,
          perché?». Ancora no, e la domanda mi bruciava le labbra: insieme a un
          discorso, ecco che discorso. Io sono venuta a capirvi, a cercar di capirvi

          attraverso  i  miei  dubbi.  Sono  stata  sul  vostro  fronte,  tra  i  vostri
          guerriglieri, li ho ascoltati e li ho rispettati come si rispetta sempre coloro
          che  combattono  a  viso  aperto  e  in  nome  di  un  diritto.  Ho  avvicinato  i
          vostri capi, li ho interrogati, li ho ammirati quando si sono espressi con

          intelligenza  e  onestà.  Ho  contribuito  a  far  conoscere  voi  e  le  vostre
          ragioni, ma ora sono scoraggiata. E dico a che serve rispettarvi, magari
          ammirarvi, in qualsiasi caso propagandarvi, se poi ci aggredite con certe
          viltà. Anche noi abbiamo tipi che mettono bombe: però non le mettono in

          casa  vostra,  e  non  li  consideriamo  eroi.  Li  consideriamo  assassini,  e  li
          arrestiamo,  e  gli  facciamo  un  processo  e  li  buttiamo  in  galera.  Per  le
          stesse cose, invece, voi invocate la patente di eroi e pretendete la nostra
          comprensione, la nostra complicità. Con quale diritto?
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