Page 47 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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gliel'ho mai portato. Nel cimitero della mia famiglia, a Firenze,
                ho posto una lapide in sua memoria: sì. L'ho posta nell'angolo

                dove sarò sepolta.



                Ma la sua tomba non l'ho mai vista e non la vedrò mai. Non
                voglio vederla. Del resto, che senso avrebbe vederla? Lì ci sono

                soltanto le sue ossa spolpate dai cannibali che recuperarono ta
                diamanta e dagli avvoltoi che vendono le T-shirt col profilo

                dell'eroe-morto-a-Glyfada. La sua anima sta nel mio cuore. Ed
                ora basta. Riprendiamo il discorso sulla democrazia che

                nonostante i suoi difetti, le sue colpe, non ha alternative.



                Subito. A colpi di spugna. E nella speranza che Lei riesca a
                dimenticare quella bruttissima storia attraverso una domanda
                indiscreta: per chi ha votato, Lei, nelle ultime elezioni? Per chi

                vota?



                L'ho già detto, nero su bianco, ne La Rabbia e l'Orgoglio. Per
                nessuno. Non mi riconosco in nessuno e non delego a nessuno

                l'arduo compito di rappresentarmi. Voto soltanto per i
                referendum cioè quando si tratta di accettare o rifiutare una

                legge, non un uomo o una donna. Sbaglio, lo so. Dò un cattivo
                esempio, lo so. Montanelli diceva che quando non ci si

                riconosce in nessuno bisogna tapparci il naso e votare lo stesso.

                Per il meno peggio. E lo capisco. Capisco anche che a non
                tapparmi il naso rendo un favore al nemico. Infatti nelle ultime
                amministrative pensai di tapparmelo per votare contro il sindaco

                diessino di Firenze che insieme al diessino presidente della

                Regione ha regalato la città allo straniero. Che coi figli di Allah
                devoti a Bin Laden, coi cinesi padroni di Prato, coi somali e i

                nigeriani che infestano il Centro Storico imponendo banchi
                abusivi, coi rumeni e gli albanesi da cui le case della campagna

                toscana vengono regolarmente saccheggiate coi furti notturni, si
                comporta come le marchese e le contesse e le baronesse che nel




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