Page 192 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Era morto un terrorista anzi il padre del terrorismo: colui che,
coi suoi sequestri degli aerei e i suoi attacchi negli aeroporti o
sulle navi, il terrorismo lo aveva portato anche in Italia. Era
morto un uomo che aveva seminato e insegnato a seminare
soltanto cattiveria. Che a causa della sua pochezza, della sua
meschineria, s'era lasciato sfuggire tutte le occasioni offertegli
dalla Storia per dare un futuro al suo popolo. Pensi a Camp
David dove a un certo punto Barak s'era detto pronto a discutere
su Gerusalemme ma, sempre indossando la sua fottuta
uniforme, lui si mise a fare le bizze: no, Gerusalemme-la-
voglio-tutta-per-me. Era morto un uomo senza idee. Un uomo
che sapeva maneggiare soltanto esplosivi e fucili, che la sua
gente sapeva esclusivamente mandarla a morire. A uccidere e a
morire. Che il suo popolo lo aveva sempre tenuto nella povertà,
nell'ignoranza, nella corruzione, nella merda. E che a sé stesso,
invece, aveva dato fiumi di denaro. Ricchezze da capogiro. Cara
amica, la Morte non cancella le colpe. Chi parla bene dei morti
soltanto perché sono morti mi infastidisce come i preti che con
un ego-te-absolvo in extremis credono di liquidare i peccati
commessi durante una vita. Quindi pane al pane e vino al vino:
di Arafat non resta nulla fuorché il suo patrimonio personale.
Il patrimonio da re Mida su cui, prima dei funerali, i capi
palestinesi si accapigliarono con Suha: la mogliaccia bionda o
pseudobionda. «Sputa l'osso.
Quei soldi appartengono al popolo palestinese».
«No, appartengono a me. Li ha lasciati a me».
«Molla il grisbi. E roba della Palestina». «No, è roba mia. La
moglie ero io». Fidandomi della rivista Forbes, la scorsa estate
dissi che il suo patrimonio personale ammontava a duecento
milioni di dollari pari a quattrocento miliardi di vecchie lire
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