Page 158 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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che fosse anche il mio. (Cosa impossibile perché a quel tempo
le donne non v'erano ammesse. «La firma d'una donna lì
sarebbe eresia!» diceva lo zio Bruno tutto indignato). Infatti
quando mi staccai dall'ormai moribondo Europeo scelsi il
Corriere, non più feudo esclusivo degli uomini. Lo dirigeva
Franco Di Bella, in quegli anni, e Dio che direttore! Il
giornalismo lo maneggiava come Picasso maneggiava la pittura,
Di Bella. Lo amava così appassionatamente, e così
intelligentemente, che il giorno in cui gli portai l'intervista con
Khomeini si mise a piangere di felicità. Con le lacrime.
Ricorda? Il giorno in cui gli portai l'intervista con Deng Xiao
Ping, invece, si buttò in ginocchio e si mise a sventolare un
Asso di Cuori. Ricorda? Era proprio un gran giornalista, Di
Bella. Non uno di quelli che si danno le arie a vuoto, che si
credono padreterni, e non valgono un fico secco. Era anche
spiritoso. Poi lui se ne andò. Io mi chiusi nella solitudine dello
scriver libri, e ai miei occhi il Corriere divenne solo una serie di
direttori da guardare in lontananza. Ora con rispetto e ora no.
Però in fondo al cuore il posto speciale rimase. Il legame,
intendo dire. E dopo l'Undici Settembre fu al Corriere che detti
(anzi regalai, visto che per quel lavoro non volli esser pagata)
l'articolone da cui sarebbe nato La Rabbia e l'Orgoglio. Fu
attraverso il Corriere che incominciai la mia lotta al Mostro e
alla Bestia al suo servizio. E sebbene ciò mi costasse dispiaceri
odiosi e pesanti, sebbene non approvassi la sua linea politica, la
sua Political Correctness, il suo dire le cose che conviene dire
non le cose che si devono dire, per me continuò ad essere un
legame da cui non si prescinde. Uno stretto parente che spesso
vorresti prendere a calci, rinnegare, ma al quale vuoi lo stesso
un gran bene.
Ergo, l'insensato manifesto mi offese parecchio.
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