Page 63 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
P. 63
semmai da maestra di scuola. Una bella voce, una voce di
ventre, di quelle che fanno innamorare i ragazzi quando
avvertono il mistero del sesso, e son perfette per spiegare,
narrare, pregare di fare attenzione sennò ti mando dal preside,
sennò ti fo scrivere cinquanta volte «Io sono uno scolaro
disattento». Delle buone maestre ha del resto la pronuncia senza
inflessioni dialettali, la calma, la pazienza, quel nonsoché che
induce al rispetto. Pensai immediatamente, ricordo, che questa
donna non mi dispiaceva perché sollecitava rispetto. Né il mio
rispetto diminuì nel corso della conversazione sebbene niente o
quasi niente di ciò che diceva mi trovasse d'accordo e a un certo
punto mi irritassi moltissimo. Fu quando affermò che i primi
morti della Resistenza furon comunisti e quasi tutti i morti della
Resistenza furon comunisti: un errore che per malafede o cattiva
memoria i comunisti commettono spesso, anzi sempre. I miei
morti non erano comunisti, ed erano tanti.
Glielo dissi, con dolore, con offesa, e riuscii a provocare solo
una risposta intelligente, garbata.
Tutte le sue risposte del resto erano intelligenti, garbate. Seduta
dietro la scrivania, le braccia incrociate come una maestra al suo
banco o una monaca nel parlatorio, l'onorevole accettava
qualsiasi argomento toccassi e non si irritò neanche quando le
chiesi se si fosse iscritta al PCI perché innamorata di suo cugino
Valdo Magnani, una storia che circolò a lungo in Italia, neanche
quando le chiesi se non le pesava non essere regolarmente
sposata a Togliatti, neanche quando le chiesi cos'avrebbe fatto
se fosse diventata ricchissima: i miliardi se li sarebbe tenuti, sì o
no? Alle insolenze più gravi scoteva la testa, indulgente,
sorrideva come se fossi stata una bambina un po'"scema che non
ha capito un bel nulla. Una tolleranza infinita sembrava
sorreggerla, e una dogmatica sicurezza di sé: v'era in lei la
lugubre forza dei martiri che nel Colosseo si facevano sbranar
63