Page 41 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Ancor più straziante il silenzio degli altri.


                Quel silenzio durò quasi un anno. Non sapevo neppure dov'era,

                se era vivo o era morto, alla guerra o in convento, in prigione o

                in  libertà.  Fra  tutte  le  ipotesi  la  più  probabile  mi  sembrava  il
                convento: non era mai successo che l'oblio lo ingoiasse per un

                così  lungo  periodo.  E  ciò  aumentava  in  me  il  desiderio  di
                rintracciarlo,  far  qualcosa  per  lui.  Conoscendolo  bene  sapevo

                che solo una disperazione profonda poteva indurlo a vestire la
                tonaca, andar scalzo, svegliarsi alle cinque del mattino, pregare

                a digiuno, mangiar pane e formaggio, vivere in castità. Il cuore
                mi si gonfiò di letizia quando, un dolce mattino di gennaio, vidi

                la sua fotografia sul giornale. Don Jaime vi appariva ammantato
                di  bianco  fino  alle  caviglie  ma  la  sua  non  era  una  tonaca  da

                domenicano, era una tenuta da judo.



                L'aveva  sfoggiata  durante  un  incontro  di  Jiu  Jitsu  y  Karaté  al
                Luna  Park  di  Buenos  Aires  e  in  questa  città  egli  viveva  dal

                momento in cui s'era eclissato.


                Partii per Buenos Aires al principio di marzo: quando i visti, i

                certificati,  gli  abiti  da  estate  furono  pronti;  in  Argentina  era
                estate.  Rimasi  ventiquattr'ore  in  viaggio  volando  da  Roma  a

                Madrid, da Madrid a Dakar, da Dakar a Recife, da Recife a Rio

                prima di giungere dall'altra parte del globo terrestre dove don
                Jaime  combatteva  il  Jiu  Jitsu  y  Karaté.  Arrivai  che  era  notte,
                trovai il suo numero di telefono e lo chiamai prima di disfar le

                valige: fischiavo come un fringuello pregustando il momento in

                cui avrei gridato «Jaime, son qui!». Il fischio divenne sempre
                più  fievole  via  via  che  i  minuti  passavano  e  poi  morì  in  un

                lamento:  don  Jaime  non  c'era.  Non  c'era  nemmeno  la  mattina
                dopo e la sera seguente, la mattina dopo ancora e la sera di poi.

                E  per  quanto  chiedessi,  tormentassi,  cercassi,  nessuno  sapeva
                dove  si  potesse  trovare.  Oh,  non  scorderò  mai  quei  giorni  a




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