Page 40 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Deve  suonare  coi  guanti».  Il  consiglio  gli  piacque.  Da  allora,
                suonò sempre il pianoforte coi guanti.



                Del  resto  don  Jaime  non  rifiutò  mai  i  miei  consigli:  neppure

                quello  di  farsi  fotografare  nell'acqua  col  dinner  jacket,  la
                gardenia  all'occhiello,  e  la  sigaretta  infilata  in  un  lungo

                bocchino. Tale fotografia fu scattata a Venezia, sotto il dinner
                jacket don Jaime indossava solo un paio di mutande.



                La folla stava sbalordita a guardarlo: ma neppure un momento
                don Jaime arrossì o mi considerò con rimprovero. Uscì anzi a

                testa alta dal mare, annusando la gardenia mi disse di provare

                per  me  gratitudine  immensa;  e  la  nostra  amicizia  ne  risultò
                raddoppiata. Più di ogni altra cosa infatti egli ama la pubblicità,
                non può vivere senza che il mondo parli di lui. E pazienza se il

                più delle volte ne parla malissimo, dimenticando l'ossequio che

                merita: al silenzio, lui preferisce la calunnia o l'insulto. Non gli
                importa neppure se lo chiaman Fabiolo: il nome beffardo con

                cui  lo  ribattezzarono  a  Roma.  A  Roma  comunque  gli  fecero
                anche di peggio: lo vestiron da donna perché recitasse in quel

                brutto  film  che  è  Il  Giudizio  Universale,  lo  misero  alla  TV
                perché reclamizzasse le lamette da barba.



                Davvero  i  romani  non  rispettano  nulla  e  nessuno,  non  so  chi

                abbia  detto  che  qualora  lo  scià  perdesse  il  suo  trono  gli
                offrirebbero il posto di allenatore alla Lazio. Fu per questo che a
                Roma  io  non  volli  mai  incontrare  don  Jaime,  mi  contentai

                sempre di parlarci al telefono o di aver sue notizie dalle lettere

                che mi scriveva: su carta pergamena sormontata dal suo stemma
                nobiliare. Lungi da ogni complicazione sentimentale, don Jaime

                mi onorava con quelle lettere di un affetto profondo e per questo
                fu molto straziante non riceverne più quando, inseguito da non

                so quale denuncia per assegni a vuoto, egli passò la frontiera e
                sparì.




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