Page 357 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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fare di ogni città un museo. Sono contro le orribili cose con cui
gli architetti contemporanei deturpano l'Italia. Ma lo sa quale
sarebbe il mio sogno più che fare un festival? Riportare i pittori
e gli scultori all'architettura del Rinascimento, invitare gli artisti
a costruire piazze, dimostrare che la bellezza può essere anche
funzionale, chiedere a Marino Marini o Manzù di far statue per
Spoleto. Ho preteso di entrare nella Commissione per l'ornato
pubblico, per questo. Ma ci vogliono soldi.
Questa dei soldi mi sembra diventata una gag.
Altro che gag. Gag un corno. Io, quando la gente mi dice, come
lei, che trascuro la musica per il festival, rispondo no: non è il
festival che mi porta via alla musica. Per il festival ho una
quantità di gente che mi aiuta.
Come dice Talleyrand, «il segreto per far bene le cose è
scegliere gente che faccia bene le cose per te». È la ricerca dei
soldi che mi porta via alla musica. Chi poteva immaginare che
trovar soldi fosse tanto difficile, che avvicinare un industriale
fosse così doloroso? Io non mi sono mai preoccupato dei soldi,
ho sempre speso tutti i soldi che avevo, felicissimo di trovarmi
perpetuamente in bolletta.
Ma da quando c'è il festival non faccio che sognar soldi, essere
ossessionato dai soldi. Ogni festival costa duecento milioni:
cento vengono dall'America, ventisei dal governo, il resto dai
privati cui vado a chiederli: una cosa umiliante. E tuttavia son
sempre in deficit.
Per anni quel deficit me lo sono addossato io.
E cosa spera: che le dicano grazie? Quel quadro di Modigliani
che teneva a Mount Kisko, spera che glielo ricomprino? Io non
la capisco, maestro.
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