Page 264 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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madre perché controllasse, e lo recitavo.
Naturalmente quando dissi a mio padre che volevo diventare
un'attrice, si arrabbiò come un pazzo.
Alla sua semplicità un tal mestiere appariva una prostituzione,
uno scandalo, e poi lui voleva farmi uscire in altro modo dal
quinto piano di Montmartre e dal puzzo di cucina. A quel
tempo, in Francia, era di moda diventar funzionari: impiegate
della posta, istitutrici, maestre. Lui voleva che diventassi
impiegata della posta. La sophistication che trovano in me è un
acquisto recente: come la disinvoltura. In realtà mi porto dietro
molte cose di allora: la paura della gente, ad esempio,
l'imbarazzo di dover subire gli sguardi. Se mi danno
appuntamento in un caffè, molte volte non riesco ad entrare. Al
cinema, entro ed esco sempre col buio. E poi sono educata,
molto educata: sebbene sappia che la buona educazione provoca
malintesi gravissimi. Mio padre era molto severo: mi ha
insegnato a non esibirmi. Mia madre era molto corretta: mi ha
insegnato il controllo. Ciò la stupisce?
Un poco. Di lei si fanno sempre due ritratti: o quello
dell'intellettuale che aspetta il sonno leggendo Voltaire e
Rousseau, Giraudoux e Diderot, o quello della donna
spregiudicata e moderna, che non si cura del giudizio degli altri,
che non si pone tabù, ed è libera da ogni complesso sessuale o
sociale.
Senza dubbio lo sono: ma non nel senso della leggenda. Io
credo che il pubblico mi veda un po'"troppo come mi vede nei
film dove interpreto sempre personaggi non ortodossi. In
Ascensore per il patibolo ero una donna che organizza insieme
all'amante l'assassinio del marito. In Gli amanti ero una moglie
con un amante che di colpo si innamora di un altro uomo, fa
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