Page 261 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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l'amore come uno sport, un piacere, e nient'altro. L'intervista fu
lunga, quando fu finita Mademoiselle Moreau disse che era stata
brevissima. Si alzò, fece un inchino, e andò via.
ORIANA FALLACI: La prima volta che la vidi, signora
Moreau, fu sei o sette anni fa: durante la lavorazione di non so
quale film qui a Parigi. Sedeva su una panca a fumare,
immobile, zitta, ignorata da tutti, ed io mi fermai a guardarla
perché, ricordo, mi aveva colpito il suo viso. «Chi è?»
chiesi al pressagent che mi accompagnava. «Un'attrice di
teatro» rispose. , «Sì chiama Moreau.» Il nome non mi diceva
nulla, a quel tempo, e tirai di lungo. Dopo, però, mi sorpresi più
di una volta a meditar sul suo viso. Non che fosse un viso
bellissimo, lì per lì anzi lo avevo giudicato addirittura bruttino:
con quella bocca amara, quelle guance consunte, quegli occhi
segnati; ma era un viso insolito, un viso diverso da tutti, e
raccontava una pazienza insolente, un'attesa che non avevo mai
visto. Quasi lei fosse sicura, non so, di ottener prima o poi il
successo che ha oggi. Quasi che questo successo le fosse dovuto
da Dìo.
JEANNE MOREAU: Infatti lo aspettavo, lo aspettavo, lo
aspettavo: come si aspetta un germoglio dopo che si è piantato il
seme o un figlio dopo che si è concepito. Di più: lo desideravo.
E non perché mi interessasse il denaro, o l'invidia degli altri, o
le manifestazioni esteriori di ciò che chiamano popolarità: ma
per una sorta di scommessa con me stessa e con gli altri. Ho
sempre amato le cose difficili, ho sempre avuto il gusto di aprire
le porte proibite: con una curiosità ed una ostinazione che
rasenta il masochismo. Tutti dicevano che un'attrice di teatro
non può fare il cinema: ed io venivo dal teatro, la recitazione
per me era il verbo, l'amore della parola. Tutti dicevano che per
avere successo nel cinema ci volevano grandi seni e un visino
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