Page 262 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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fotogenico come Martine Carol: io ero magrolina e avevo il viso
che ho. E così accettavo tutti i film che mi proponevano, senza
chiedere chi fosse il regista, senza chiedere chi fosse il partner,
senza chiedere se mi pagavano o no: decisa ad avere il successo.
Lo aspettavo dal 1948, questo successo, quando arrivò con
Ascensore per il patibolo. Se fa il conto, vedrà che la mia
celebrità ha appena cinque anni. Per questo mi ha esaltato
pochissimo: a parte il fatto che non dipende solo da me, che è
un lavoro di équipe, io l'ho presa come una cosa che mi era
dovuta.
E di cui non le importa ormai molto, direi. Il suo viso non è
molto cambiato: come di solito accade a chi ottiene il successo.
Sparita l'attesa, è rimasta la pazienza insolente, la tranquillità di
chi non crede ai miracoli.
Me ne importa, me ne importa. Il successo è come una
liberazione, o la prima fase di una storia d'amore. Sentirsi
osservati, ammirati, incoraggiati, agisce come l'amore di un
uomo che s'ama: il gesto della mano diventa più largo, il passo
più sicuro, il volto più bello. Il volto, sa, è una questione di
abitudine: quando ci si abitua, si finisce per trovarlo bello. No,
io non credo che il successo faccia male, come dicono tanti.
Credo anzi che sia indispensabile al talento: se non altro per
aumentare il talento. Più io racconto chi sono, più capisco che
esso mi era assolutamente indispensabile. O pensa che ho torto?
Non penso nulla, signora Moreau: con tutti gli articoli che sono
stati scritti su lei, io non so ancora chi è lei. Se dovessi
descriverla ora non troverei altro da dire che questo: una donna
educata, elegante, probabilmente assai intelligente, che indossa
un vestito di Cardin e parla come un libro stampato.
Sono anzitutto la figlia di un contadino figlio di contadini e di
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