Page 183 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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frego.» Leggendola pensavo quanto doveva aver riso e sofferto
il tranquillo americano del Nebraska cui era stata sposata per
sett'anni.
L'intervista col magnetofono gliela feci in Italia: dov'era venuta
quale inviata di «Vogue» per far fotografare cinque o sei
personaggi. La scelta dei personaggi era stata affidata a lei e lei
continuava a ripetere di volerci includere il Papa, ritratto dietro
un bel fiasco di vino. Inutile dire che non entrò mai in Vaticano.
Era un poco arrabbiata con me: Penelope alla guerra era ormai
uscito e, leggendolo, aveva compreso che non scherzavo affatto
osservandola quei giorni a New York. La casa di Martine era la
sua, certe battute di Martine eran le sue: ma lei non era mai stata
l'amante di un tipo dubbio come l'amante di Martine, lei non
aveva mai perso un figlio perbacco! «Lo so, Afdera. Ma non è
tuo quell'amante: è di Martine. Non è tuo quel figlio: è di
Martine.» «D'accordo.
E i gioielli? Io non ho mai amato i gioielli.» «I gioielli sono di
Denise.» «Oh! Anche il figlio è di Denise?» «Nemmeno per
sogno. Il figlio è di un'altra ancora.» «Allora perché il resto è
mio?»
«Perché...» E pazientemente spiegandole che in un romanzo
perfin la realtà diventa fantasia, la fantasia diventa realtà, e da
un personaggio che esiste magari nella realtà ne nasce uno
nuovo che vive per suo conto e per suo conto muore, ne
riconquistai l'amicizia, le misi dinanzi il magnetofono.
Lei non voleva, poi voleva, poi non voleva di nuovo, ma
finalmente volle: ed ascoltarla fu per me uno spasso. Peccato
che scrivendo non abbia potuto ripetere tutto quello che disse
con quel torrente di parole masticate prima che lascin la gola. Il
ritratto completo di Greta Garbo «aggrappata alle sue rughe ed
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