Page 193 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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fatto film dove i cattivi restavano impuniti, dove un uomo e una
donna convivevano senza essere sposati, dove i potenti
affogavano nel ridicolo. La censura non ha mai protestato. Gli
episodi di intolleranza mi sono venuti soltanto dalle
organizzazioni religiose, in particolare dalla National Legion of
Decency.» Ho posto la medesima domanda ad Elia Kazan, un
altro ribelle che non può essere accusato di tenerezza verso
Hollywood e le sue istituzioni. Anche Kazan abita a New York
che definisce «il centro del talento in America». A New York
egli dirige con Strasberg l'Actor's Studio. A New York gira
quasi tutti i suoi film. È interessante ascoltare il parere di Kazan
perché Kazan è anche l'autore di Baby Doli, quel bellissimo
film che «Time» ha definito «la più sporca pellicola che
l'industria cinematografica abbia mai fatto circolare col
consenso della legge». Gli insulti e le polemiche che l'America
ha riservato a Baby Doli sono quasi senza precedenti. Il
cardinale Spellman denunciò il film dal pulpito della cattedrale
di St. Patrick definendolo «rivoltante, deplorevole, moralmente
repellente, gravemente offensivo alle regole cristiane della
decenza». E aggiunse: «Per la pace delle anime affidate alla mia
cura e per la pace spirituale del paese, io esorto i cattolici a non
vedere questo film se non vogliono commettere peccato
mortale».
Billy Graham, quello strano predicatore protestante che negli
Stati Uniti ha lo stesso successo di Elvis Presley, rifiutò di
vedere Baby Doli perché «non vorrei che turbasse la mia vita
spirituale».
Una catena di cinema del New England rifiutò sdegnosamente
di proiettarlo. A Memphis esso fu respinto dai noleggiatori. A
Dallas un gruppo di scalmanate di non so quale lega puritana
minacciò di dar fuoco al cinema che lo avesse proiettato. Carroli
Baker, la protagonista, ricevette a causa di Baby Doli migliaia
di lettere offensive e l'Associazione delle ragazze cattoliche
d'America le fece sapere che disapprovava con disgusto il modo
in cui si mordeva il dito pollice nella scena della culla.
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