Page 170 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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Seduto a un tavolo ingombro di fogli dattiloscritti, di libri, di
matite, spade egiziane, crocifissi, inghiottito in un bosco di
bandiere, diplomi, manifesti, onorificenze, immagini bibliche e
ritratti di santi e di faraoni, il re pregava. Stando sull'uscio, si
poteva vedere soltanto il suo cranio lucido e abbronzato, con
due ciuffetti bianchi alle tempie, come le alucce di un angelo, le
spalle curve, le mani minuscole che sfogliavano, con cauta
dolcezza, le pagine dell'Antico Testamento. Un brusio leggero
gli usciva dalle invisibili labbra. Leggeva un capitolo della
Genesi tradotto in inglese: «And behold the glory of the Lord
was upon Moses so that Moses stood in the presence of God and
talked to Him face to face. And the Lord God said unto
Moses...».
Ann Del Valle e Rose Goldstein stavano immobili,
imponendomi cogli occhi di tacere.
«Ma» dissi.
«Sst!» fece Ann, in un soffio.
«Sst!» fece Rose mostrandomi i denti.
Il re non sembrava avvertire la nostra presenza. Poi,
improvvisamente, si alzò. Ci aveva visto benissimo, nonostante
pregasse. Con agile balzo ci venne davanti, disse: «Hello!»,
sorrise, e io potei finalmente vedere quel potente semidio che
chiamano il re, e anche Mister Hollywood, Mister
Cinematografo, Mister Padrone, il Genio, il Grande, il
Venerabile Gentiluomo, il Rispettabile Vecchio o, più
semplicemente, Cedi Blount De Mille.
Era un omino curvo, vestito di blu. Il volto cotto dal sole, col
gran naso nobile e le guance cadenti, aveva una espressione
buona e ironica. Gli occhietti azzurri, protetti da occhiali
montati secondo la moda di cinquantanni fa, scrutavano con
indulgente attenzione. Avevano l'aria di vedere ogni cosa, anche
troppo: ma un'immensa dolcezza emanava da lui.
«Cara,» disse «cara! Come siamo felici di averla fra noi!» Poi
mi supplicò di sedere perché non mi stancassi. Con affetto mi
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