Page 397 - Oriana Fallaci - 1968
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voce è calma, fredda, educata. «Bien, compañeros. Listos?
Pronti?» chiede Socrates che a quanto capisco è il più
importante dei tre, lo trattano tutti con un rispetto speciale.
«Todos listos, tutti pronti» rispondono in coro i ragazzi. «Si
alguien no està conforme con lo que decimos, quiero que lo
declare. Se qualcuno non è d’accordo con le cose che diciamo,
chiedo che lo dichiari» aggiunge Socrates. I ragazzi annuiscono.
Ma nessuno interromperà mai quei tre capi per darmi
un’opinione diversa: l’identità di vedute è totale. E io credo
proprio che la seguente intervista sia il ritratto preciso degli
studenti messicani d’oggi. Quei tristi coraggiosi preoccupanti
bambini sui quali è puntata l’attenzione del mondo.
ORIANA FALLACI: Intenzionalmente o no, le vostre sommosse
hanno rischiato di compromettere i Giochi Olimpici. Fino a che
punto siete contro di essi?
ERNESTO: Noi non siamo contro i Giochi Olimpici. Però
vogliamo sottolineare che per queste Olimpiadi sono stati spesi
quasi tre miliardi di pesos, una somma enorme e improduttiva
per un paese che ha ancora bisogno di tante cose. Con ciò, non
vogliamo impedire le Olimpiadi. Anzi, la coincidenza di esse
con la nostra lotta è del tutto casuale. Per esempio, ci sarebbe
stato facile far saltare le installazioni che si trovano nella città
universitaria. Invece non lo abbiamo fatto.
SOCRATES: Ormai è troppo tardi per recriminare. Le Olimpiadi
sono avviate e non ci resta che accettarle approfittando del
vantaggio che esse ci offrono: la presenza dei giornalisti di tutto
il mondo. Se non ci fossero state le Olimpiadi, nessuno si
sarebbe curato di noi. È dal 1961 che gli studenti messicani
sono in guerra col governo, ma ci sono voluti sette anni perché
la notizia uscisse dai nostri confini.
In quale misura il vostro è un movimento politico?