Page 343 - Oriana Fallaci - 1968
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guida, come in un contadino. E con quei gesti, quella parlata,
                quelle  cicatrici,  egli  sta  ora  facendo  l’anatomia  di  se  stesso:  i

                giorni in cui era ragazzo a Steubenville, cittadina di minatori,
                operai d’acciaierie, e di case da gioco: i giorni in cui andava a

                vedere i film di Bing Crosby per imparare a cantare e intanto
                faceva  il  benzinaro,  l’autista,  il  lavapiatti,  il  croupier,  un
                mestiere che resta il suo preferito; i giorni in cui era sposato alla

                prima  moglie  che  era  una  cattiva  moglie,  beveva  come  una
                spugna e non si curava dei quattro figli che gli aveva dato: lui,

                cattolico,  non  voleva  divorziare  ma  poi  divorziò  ed  ebbe  in
                custodia  i  bambini  a  cui  la  seconda  moglie  ne  aggiunse  tre;  i

                giorni  in  cui  conobbe  la  seconda  moglie,  Jeannie,  ormai
                diciannove anni fa, e lei era una ragazza bellissima educatissima

                ricca: quasi un premio per lui che si sentiva ignorante, volgare; i
                giorni in cui faceva da spalla a Jerry Lewis e i giorni in cui si
                ribellò  a  Jerry  Lewis,  si  mise  da  solo  e  sfondò  con  l’aiuto  di

                Frank Sinatra: il suo più grande amico.
                    Perché Frank Sinatra è un italiano d’America e la storia di

                Dino  Crocetti  alias  Dean  Martin  è  la  storia  di  un  italiano
                d’America.  Io,  dovessi  dare  un’anima  e  un  volto  all’italiano

                d’America,  cioè  all’emigrato  o  al  figlio  dell’emigrato  che
                crebbe nel ghetto con le sue tradizioni le sue superstizioni le sue

                umiliazioni  la  sua  rabbia  il  suo  sogno  di  diventar  ricco,
                sceglierei l’anima e il volto di Dino Crocetti alias Dean Martin
                quando se ne sta lì sprofondato nella poltrona di pelle bianca e

                racconta di picchiare chiunque lo chiami «dago» o «palla-unta»
                o «terrone»: gli aggettivi che qui ancora danno ai poveri cristi

                scappati dalla Calabria, la Sicilia, gli Abruzzi. Riflette un cliché
                molto  sfruttato,  il  suo  tipo,  e  tuttavia  così  vero:  quello  del
                popolano  coi  piedi  per  terra  ma  il  cuore  romantico,  senza

                curiosità  intellettuali  ma  la  testa  piena  di  istintiva  saggezza,
                senza rispetto per le donne ma una gran devozione per la madre

                e  la  moglie,  sostanzialmente  pigro  ma  lavoratore  testardo,
                segretamente codardo ma a conti fatti assai coraggioso. Sai, il

                tipo che quando lo mandi alla guerra è capace di battersi come
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