Page 226 - Oriana Fallaci - 1968
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completa. L’idea era di ripulire la periferia e le campagne vicine
                dei  due  battaglioni  che  minacciavano  Saigon.  Non  riuscirono,

                praticamente,  a  trovare  un  solo  vietcong  e  caddero  in  Dio  sa
                quante imboscate. La spiegazione di ciò è contenuta in un altro

                discorso  che  il  generale  Nguyen  Chi  Thanh  tenne  ai  dirigenti
                dell’FNL  oltre  un  anno  fa:  «Gli  americani  si  illudono  che  sia
                necessario aver molti soldati per vincere, e non capiscono che

                aver molti soldati in questa guerra non serve. Non ricordano che
                i  francesi  mandarono  250.000  soldati  contro  di  noi  e,  prima

                ancora  di  Dien  Bien  Phu,  si  resero  conto  che  non  potevano
                sconfiggerci neanche se ne mandavano il doppio. Qui non conta

                la forza, conta la tattica: perché non è una guerra di posizione, il
                fronte non esiste. Gli americani sono più forti di noi, da ogni

                punto  di  vista.  La  loro  potenza  militare  è  immensa,  anche
                perché  è  così  moderna.  Ma  noi  non  ci  proviamo  a  competere
                con la loro forza militare moderna e, se lo facessimo, saremmo

                immediatamente schiacciati. Sarebbe come se pretendessimo di
                mangiare il riso con la forchetta e il cucchiaio: a noi non riesce

                usare la forchetta e il cucchiaio, nelle nostre case non abbiamo
                forchette  e  cucchiai,  noi  il  riso  lo  mangiamo  coi  bastoncini.

                Ricordate, compagni, che per sconfiggere gli americani bisogna
                indurli a mangiare il riso coi bastoncini. Ricordate, compagni,

                che  la  guerra  in  Vietnam  è  un’arena  straordinaria  dove  gli
                americani  sostengono  il  ruolo  dei  pugili  che  combattono  col
                vento. E siamo noi il vento. Compagni, piombate come il vento

                su  di  loro,  e  come  il  vento  fuggite.  Compagni,  non  coagulate
                mai il vento».

                    Al decimo giorno della loro attesa accanto alle telescriventi, i
                giornalisti  udirono  le  prime  esplosioni  e  così  seppero  che  il
                vento  s’era  finalmente  abbattuto  sulla  città.  Da  allora  esso  la

                sconvolge, insistente, insidioso, ora scoperchiando un tetto e ora
                investendo un passante, un soffio qua, un tifone là, e ovunque tu

                vada  ti  senti  in  pericolo.  Quando  ho  lasciato  il  ponte  degli
                Innamorati  Infelici,  assaporando  il  piacere  d’essere  viva,  è

                scoppiato  un  gran  botto:  a  ricordarmi  che  essere  vivi  in  un
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