Page 222 - Oriana Fallaci - 1968
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pieno da una granata. Sono piccoli, scalzi e seminudi. Il sesto
                invece  giace  supino,  con  le  gambe  divaricate,  ed  è  un  grosso

                cadavere, il più grosso che abbia mai visto in Vietnam, indossa
                l’uniforme  e  i  gradi  sono  di  sergente.  Lo  hanno  colpito  agli

                occhi che strabuzza ormai come due palle verdi, e poi lo hanno
                colpito  al  cuore,  e  al  ventre  e  alle  gambe.  Fa  pena  anche  se
                pensi  a  Bruce,  a  John,  a  Ron,  a  Michael,  a  tutti  gli  altri  che

                aveva ammazzato cinicamente, stupidamente, e forse fra gli altri
                c’è il diplomatico tedesco Hasso Ruedt von Collenberg, un tipo

                innocuo, uno studioso che non dava noia a nessuno, anche lui
                trovato  morto  in  questa  stradina,  con  due  colpi  alla  nuca  e  le

                mani legate dietro la schiena.
                    Ho  fotografato  i  sei  cadaveri  e  poi  mi  sono  allontanata

                perché incominciava una sparatoria. È venerdì 10 maggio e il
                rombo delle cannonate, le esplosioni dei bombardamenti aerei,
                il  fracasso  dei  mitragliamenti  sconvolgono  Saigon.  A  Parigi  i

                rappresentanti  americani  si  incontrano  oggi  coi  rappresentanti
                nordvietnamiti  per  avviare  le  trattative,  la  polemica  infuria

                intorno  all’importantissimo  fatto  che  gli  americani  siano
                alloggiati  nell’elegante  Hotel  Crillon  e  i  nordvietnamiti  nel

                meno elegante hotel Lutetia. Il mondo parla di pace e la gente
                crede che la guerra in Vietnam sia finita.






                La conferenza segreta


                I giornalisti «anziani» di Saigon lo sapevano dal 26 aprile. Quel

                giorno, le discussioni sulla scelta della capitale dove intavolare i
                negoziati erano ancora a un punto morto, i capi delle agenzie e

                dei  quotidiani  accreditati  in  Vietnam  ricevettero  un’insolita
                telefonata:  il  generale  Winant  Sidle,  capo  dell’ufficio

                informazioni,  li  convocava  urgentemente  per  un  incontro
                «molto,  molto  confidenziale».  I  giornalisti  si  precipitarono  al
                Juspao, in una stanza al secondo piano il generale li ricevette

                con  espressione  assai  grave.  Chiuse  con  cura  le  porte,
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