Page 225 - Oriana Fallaci - 1968
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Bruce, Ron e Michael. Né gli americani né i sudvietnamiti son
                riusciti a snidarli. Carri armati sostano al di qua e al di là del

                fiume  sparando  a  tutto  ciò  che  si  muove,  chiatte  blindate
                percorrono  continuamente  il  fiume  mitragliando  le  rive  e  le

                sampan,  aerei  ed  elicotteri  sorvolano  senza  sosta  la  zona
                bombardando le case, i boschi, le strade: eppure ogni giorno i

                vietcong ripetono l’assalto, è incredibile. Quando sono arrivata
                sembrava  tutto  tranquillo  e  non  ho  creduto  al  tenente  che  mi

                diceva:  «Non  si  fidi,  si  tenga  al  riparo».  Mi  sono  spinta  fino
                all’incrocio  dell’ipsilon,  per  fare  qualche  fotografia  e
                immediatamente  i  vietcong  hanno  incominciato  a  sparare:  ho

                dovuto  gettarmi  per  terra,  mentre  le  pallottole  mi  fischiavano
                addosso, restare così almeno dieci minuti, senza che quei carri

                armati,  quegli  elicotteri,  quella  potenza  armata  potessero  farci
                un bel nulla. Nessuno ha capito da dove mi sparassero: la stessa
                storia  di  ieri  quando  due  colpi  vennero  a  infrangersi  sulla

                facciata  del  mio  albergo,  il  Majestic,  e  la  strada  si  riempì  di
                soldati, di carri armati, di jeep che non sapevano da quale parte

                rispondere al fuoco.
                    Si chiamano Quyet-tu, che vuol dire gruppi suicidi. Vengono

                dai  confini  con  la  Cambogia,  in  marce  forzate  attraverso  le
                risaie  di  Tay  Ninh,  e  stavolta  il  loro  compito  non  è  occupare

                punti  strategici  come  la  radio,  l’aeroporto,  il  palazzo  del
                governo:  è  tenere  impegnate  le  truppe,  uccidere  quanta  più
                gente  è  possibile,  alimentando  l’esasperazione,  seminando  il

                terrore. Arrivano a gruppi di cinque, di dieci, sapendo che non
                torneranno  mai  indietro,  che  il  loro  destino  è  morire,  e  di

                conseguenza  non  fanno  più  distinzione  fra  soldati  e  civili,  fra
                gente  armata  e  inerme.  Sparano  a  tutti,  ammazzano  tutti,  e
                acchiapparli  è  impossibile.  Puoi  eliminare  una  pattuglia,  due,

                ma  quante  pattuglie  vi  sono  in  città?  La  loro  forza  è  agire
                rapidamente,  dividersi;  i  loro  attacchi  non  durano  mai  più  di

                venti  minuti.  Quando  gli  elicotteri  si  alzano  per  andare  a
                cercarli,  sono  già  spanti.  Ai  primi  d’aprile  gli  americani

                organizzarono intorno a Saigon un’operazione chiamata Vittoria
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