Page 216 - Oriana Fallaci - 1968
P. 216

del facchini sono negri e la parola d’ordine, da giovedì sera, era:
                «Non  portate  le  valigie  dei  bianchi».  Chiesi  una  camera,  mi

                dettero la 507, ma quando l’impiegato dell’albergo spalancò la
                porta  della  507  si  accorse  che  il  letto  era  disfatto,  gli

                asciugamani si ammucchiavano sporchi per terra, nessuno aveva
                rifatto la stanza dopo che il cliente era partito. A Washington la
                gran  maggioranza  delle  cameriere  son  negre  e  la  parola

                d’ordine, da giovedì sera, era: «Non fate le serve dei bianchi».
                Allora l’impiegato chiese un’altra stanza, gli dettero la chiave

                della 714: ma anche la 714 era in quelle condizioni. E la 832. E
                la 618. Ne trovammo una in ordine solo al quinto tentativo. In

                camera  sollevai  il  ricevitore  del  telefono  e  domandai  il  room
                service: non mangiavo da ventiquattro ore e avevo bisogno di

                un caffè, di un sandwich. La centralinista rispose che il room
                service non funzionava: la gran parte dei cuochi e dei camerieri
                sono negri e, da giovedì sera, la parola d’ordine era: «Non date

                da  mangiare  ai  bianchi».  Così,  uscii  dall’albergo,  sotto  lo
                sguardo sbalordito dei più mi incamminai verso il «Washington

                Post». Al «Post» dopo avermi dato un caffè, mi spiegarono che
                le mie esperienze allo Statler Hilton erano nulla: per rendermi

                conto dovevo fare un giretto per la città. Lo feci con un cronista
                negro e un fotografo armeno. Girai per la città fino alle due del

                mattino. Le sentinelle ci fermavano puntando il fucile come a
                Saigon,  la  14ª  strada  sembrava  in  alcuni  punti  una  strada  di
                Cholon  o  Già  Dinh.  Molte  case  bruciavano  ancora,  e  molti

                negozi: la sera avanti i pompieri eran stati chiamati per incendi.
                V’erano zone in cui per il fumo non si respirava e il calore era

                così  forte  che  il  fotografo  non  poteva  fare  le  fotografie:  la
                pellicola  si  scioglieva  come  il  burro,  friggeva.  L’asfalto  era
                disseminato  di  vetri  rotti,  oggetti  rubati  e  poi  abbandonati,

                dentro un supermarket sembrava che fosse passato un tifone.
                    «Ma la polizia dov’era? Cosa faceva?» chiedevo. «Era lì ma

                non faceva niente,» rispondeva il cronista «la folla era troppo
                numerosa, troppo arrabbiata, e Johnson non voleva morti.»

                    Neanche  se  ad  incitare  i  negri  era  Stokely  Carmichael,  il
   211   212   213   214   215   216   217   218   219   220   221