Page 214 - Oriana Fallaci - 1968
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un’americana. L’autista, che non aveva avuto il coraggio di
aspettarmi nel taxi col vetro rotto ed ora mi seguiva come un
cagnolino, ebbe meno fortuna di me: rimase bloccato al di là di
quei corpi e lo ritrovai più tardi in preda al panico, schiacciato
contro il muro, assediato da un gruppo di negri che lo fissavano
zitti. «He’s a friend», è un amico: dissi con quell’accento
straniero. Il negro più grosso rispose sputandomi addosso un
chewing-gum. A lui, a loro, non interessava un bel nulla la mia
o la sua simpatia. Interessava soltanto un fatto preciso, che
Martin Luther King era morto ammazzato da un bianco. Non
trovavi un negro ad Atlanta, città di Martin Luther King, che si
ponesse tali domande: chi è l’assassino che al motel dette il
nome di John Willard? Come è possibile che cinque anni dopo
Dallas lo stesso delitto si sia ripetuto? Perché, con almeno sette
persone che avevano visto e descritto il presunto John Willard,
la polizia non riuscì immediatamente ad arrestarlo? Chi disse al
presunto John Willard che King sarebbe uscito dalla sua camera
verso le 6 e che questa era dunque l’ora giusta per entrare nel
bagno, aspettare? Per la stragrande maggioranza dei negri, ad
Atlanta od altrove, certe curiosità sono inutili. Per loro il
presunto John Willard è i centottanta milioni di americani
bianchi, e il suo complice è l’intera popolazione bianca di
questo pianeta. Così non chiedono nemmeno giustizia, chiedono
vendetta. Fu uno dei negri più moderati, più colti, che la sera del
delitto disse piangendo alla televisione: «Il tempo della non
violenza è finito, la non violenza è morta con Martin Luther
King». Fu dopo queste parole che in quarantadue città degli
Stati Uniti esplose l’inferno, le fiamme si alzarono sopra
Chicago, Detroit, Boston, Filadelfia, New York, Pittsburg: con
cinque e poi dieci e poi venti e poi trenta morti, settemila
arrestati, decine e decine di milioni di dollari di danni. Fu dopo
quel grido che a Nashville un negro annunciò: «Ora esco per
strada e il primo bianco che trovo lo ammazzo». Il primo bianco
era un giovanotto di ventisei anni, antirazzista, innocente: morì
in tre secondi con un proiettile in capo. Fu dopo tali episodi che