Page 202 - Oriana Fallaci - 1968
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una  camera  inqualificabile,  buia.  Si  scorgevano  un  lettino  di
                ferro, un armadio, un divano con le gambe rotte, una specchiera

                senza  lo  specchio.  Dal  soffitto  pendeva,  ciondoloni  a  un  filo
                nero per lo sterco delle mosche, una lampada da cinquanta watt.

                L’uomo ignorò tutto questo e si diresse verso la finestra che si
                apriva       quasi       contro       il     muro       dell’edificio         accanto,
                perpendicolarmente a Mulberry Street. Da quella, affacciandosi,

                si  poteva  vedere  il  Motel  Lorraine:  sia  pure  di  sbieco  e
                attraverso  gli  alberi.  Fra  la  pensione  di  Bessie  Brewer  e

                Mulberry  Street  c’è  infatti  un  boschetto  di  alberi,  e  di  questa
                stagione  sono  ancora  spogli  di  foglie.  L’uomo  restò  un  poco

                affacciato,  poi  disse  soddisfatto:  «Bene.  Questa  andrà  bene».
                «Otto  dollari  e  cinquanta»  replicò  Bessie  Brewer.  «Bene.»

                «Pagamento anticipato.» «Bene.» «Il bagno è in comune con la
                stanza numero 6 e la numero 4.» «Posso vederlo?»
                    Il bagno era in cima al corridoio, ad angolo con la numero 6,

                a  tre  passi  dalla  numero  5.  Alla  numero  6  abitano  Charlie  e
                Grace  Stephens,  due  rottami  di  mezza  età:  Grace  è  appena

                uscita  dall’ospedale  e  sta  sempre  a  letto  a  curarsi  una  grande
                bolla sul naso. «Non le daranno fastidio» mentì Bessie Brewer e

                proprio in quel momento Charlie Stephens aprì la porta, si mise
                a fissare il nuovo inquilino con la curiosità che si ha verso un

                nuovo inquilino. L’uomo si lasciò studiare, tranquillo, e restituì
                lo  sguardo  con  occhi  sereni.  Poi,  con  la  medesima  serenità,
                studiò  il  divano  sporco,  la  vasca  dentro  cui  da  anni  nessuno

                faceva  scorrere  un  goccio  di  acqua,  il  ripostiglio  nell’angolo,
                pieno  di  fogliacci,  scatole,  scope.  La  finestra  era  alta,  ci  si

                affacciava male perché la vasca era situata proprio sotto di essa,
                però  restava  accessibile.  L’uomo  vi  si  avvicinò  e  vi  rimase  a
                lungo. Di lì Mulberry Street e il Motel Lorraine si scorgevano

                perfettamente. C’era di mezzo il boschetto degli alberi, è vero,
                ma andava declinando verso la strada, in posizione in scivolo, e

                perciò  non  disturbava  la  visuale.  Se  non  eri  miope  potevi
                distinguere  ogni  particolare  della  terrazza  su  cui  si  aprono  le

                camere  del  secondo  piano  del  motel  e  perfino  i  numeri  delle
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